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lunedì 28 dicembre 2015

“Franny” : Richard Gere protagonista assoluto alle prese con i sensi di colpa

di Silvia Sottile

Franny rappresenta il debutto cinematografico per il regista e sceneggiatore Andrew Renzi, che al suo film d’esordio (oltretutto una produzione  indipendente) riesce incredibilmente ad ottenere un cast d’alto livello.
Richard Gere, protagonista assoluto, è Franny, un eccentrico miliardario che cerca di soffocare i suoi sensi di colpa per la morte dei suoi migliori amici, lasciandosi vivere tra beneficenza e massicce dosi di morfina. Non lavora, non sappiamo da dove arrivino tutti i suoi soldi, di certo sovvenziona un ospedale che si occupa di bambini ed è una personalità di un certo livello a Philadelphia, nonostante viva, trasandato, nella stanza di un hotel di lusso. Quando improvvisamente ritrova Olivia (Dakota Fanning), la figlia dei suoi amici scomparsi nell’incidente d’auto di 5 anni prima, sposata e prossima a partorire, dà un lavoro a suo marito Luke (Theo James) e pensa di poter riprendere a vivere aiutando con molta generosità i due giovani, comprandogli una casa ed interferendo in maniera eccessiva ed ossessiva nelle loro vite. La dipendenza dalla morfina, le crisi d’astinenza, gli incubi, i sensi di colpa e il ripresentarsi dei suoi demoni interiori, mai realmente affrontati né tanto meno superati, lo trascineranno in un vortice di autodistruzione, coinvolgendo Olivia e Luke, affascinati e spaventati al tempo stesso da quest’uomo davvero singolare e imprevedibile.  Tra sbalzi di umore, voglia di redenzione e necessità di diventare finalmente adulto, sarà  la nascita del bambino di Olivia ad aiutare Franny, spingendolo quasi ad una rinascita.

Purtroppo la mancanza di esperienza del regista ed i pochi mezzi economici a disposizione non passano inosservati. Se l’idea in sé, ovvero l’analisi accurata di una personalità così eccessiva e sopra le righe, rappresenta un ottimo spunto di partenza su cui lavorare, la sceneggiatura si rivela il punto debole, piuttosto prevedibile e banale. Viene affidata la riuscita del film quasi esclusivamente alla magistrale interpretazione di Richard Gere, che ci ha rivelato in conferenza stampa di aver trovato molto stimolante il suo ruolo di Franny. L’attore americano dà indubbiamente tutto se stesso nel tratteggiare la strabordante ed incontenibile figura del miliardario eccentrico e depresso, che lotta contro i suoi demoni fino alla immancabile redenzione dopo la sua drammatica e metaforica caduta all’inferno. Gere riesce ad esprimere con facilità una vasta gamma di emozioni, sicuramente aiutato dalla sua filosofia di vita buddista, alternando euforia ad angoscia, ironia a violenza. La sua è davvero un’interpretazione carica di pathos. 
Si mostra all’altezza anche il giovane Theo James, bravo a tenere testa ad un divo di Hollywood del calibro di Gere. Dakota Fanning, pur brava e intensa nella dolcezza del suo personaggio, rimane un po’ sacrificata dal poco spazio concessole da uno script con troppi punti oscuri mai colmati, che lasciano dubbi e domande senza risposta a discapito della buona riuscita del film.

La pellicola è ambientata (e girata) a Philadelphia, città d’origine di Renzi, facilitato dunque dalla sua ottima conoscenza della città nella scelta delle location, rese al meglio.

Franny, dal 23 dicembre nelle nostre sale, è un dramma personale ma principalmente una grande prova d’attore di Richard Gere. Per il resto il film si perde nella sua debole sceneggiatura e dispiace vedere un buon potenziale non adeguatamente sfruttato.

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