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mercoledì 25 febbraio 2015

"Le leggi del desiderio" – commedia romantica con luci ed ombre

di Silvia Sottile


Onestamente partivamo un po’ prevenuti nei confronti di Le Leggi del desiderio, il nuovo film di Silvio Muccino, ma forse è proprio questo che, a sorpresa, ce l’ha fatto apprezzare leggermente di più. Giunto al suo terzo lavoro come regista, Muccino scrive con Carla Vangelista una storia basata sul "desiderio" che ha come interessante spunto di partenza il fenomeno dei life coach. Peccato però che in certi momenti si perda per strada.

Partiamo dalla trama: Giovanni Canton (interpretato dallo stesso Muccino) è un trainer motivazionale di successo, autore del best seller Le leggi del desiderio che dà il titolo alla pellicola. Osannato dal grande pubblico, considerato dai suoi detrattori un cialtrone che si approfitta della credulità della gente, il life coach decide di dimostrare la veridicità delle sue teorie e provare a tutti che bastano le tecniche giuste per ottenere ciò che si vuole: "Qual è il tuo desiderio? State attenti a quello che desiderate perché oggi qui con me potrete ottenerlo". Canton organizza dunque un concorso per scegliere tre fortunati che in sei mesi, con il suo aiuto, avranno realizzati i propri desideri, di qualsiasi genere essi siano: soldi, potere, amore, successo. La scena delle audizioni è la migliore in assoluto di tutto il film grazie anche all’abile montaggio, alla fotografia (con un intenso uso delle luci) e soprattutto alla musica che l’accompagna: "Via con me" di Paolo Conte rivisitata da Peter Cincotti.

Chi sono i protagonisti a cui cambierà la vita? Matilde (Nicole Grimaudo), assistente editoriale trentenne, goffa, timida, insicura, sogna una famiglia e tanti bambini ma è incastrata nel cliché di amante di Paolo Rubens (Luca Ward), il capo ovviamente sposato e con figli. Ernesto (Maurizio Mattioli), sessantenne disoccupato alla disperata ricerca di un lavoro con una moglie sulla sedia a rotelle (Maria – Paola Tiziana Cruciani) a cui non ha avuto il coraggio di confessare di essere stato licenziato. Abbiamo infine Luciana (Carla Signoris) pacata segretaria di un Vescovo in Vaticano, moglie e madre irreprensibile, che nasconde un segreto inconfessabile che in realtà è la sua vera passione: scrive romanzi erotici molto espliciti. Risulta evidente e naturalmente voluto l’ammiccamento ironico al fenomeno del momento Cinquanta sfumature di grigio.
Da qui inizia la stretta interazione fra il life coach e i suoi tre prescelti con cui si creerà un rapporto talmente intenso da produrre effetti inaspettati nella vita di tutti, soprattutto in quella dello stesso Canton che forse non è realmente come sembra ma ha indossato una maschera per gran parte della sua vita.
Veniamo al cast: Muccino, promosso per la regia, non è credibile nel ruolo centrale che si assegna come attore. Risulta molto difficile immaginarlo come un sensuale trainer motivazionale che ha fatto sua la ricetta del successo e punta a far realizzare a ognuno i propri desideri. E questo fa perdere molto all’insieme. Sono decisamente più a loro agio nella parte la Signoris, Mattioli e Nicole Grimaudo che incarnano con abilità e convinzione i propri personaggi. I versi d’amore letti da Luca Ward costituiscono la parte migliore della sua interpretazione (del resto con la sua splendida voce non potrebbe essere altrimenti). Va sottolineato che si mette in gioco in un ruolo diverso dai suoi abituali.

La sceneggiatura si rivela prevedibile, piuttosto debole, scontata, a volte noiosa, con diversi cali di ritmo e tanto di lieto fine sdolcinato come in ogni commedia romantica americana che si rispetti.
Diciamo che c’è del buono: il messaggio finale è quello di gettare la maschera, non identificarsi a tutti i costi nel modello vincente ma provare ad essere se stessi, accettarsi così come si è, volersi bene perché solo questo è il vero successo. In fondo la cosa che tutti noi desideriamo davvero è l’amore, l’essere amati.

Possiamo premiare la buona volontà dell’ultimo dei romantici? La risposta la darà il pubblico: Le leggi del desiderio è al cinema dal 26 febbraio.

mercoledì 18 febbraio 2015

"Noi e la Giulia" e l’importanza del piano B

di Silvia Sottile

Noi e la Giulia, commedia scritta (insieme a Marco Bonini), diretta e interpretata da Edoardo Leo, prodotta da Fulvio e Federica Lucisano in collaborazione con la Warner Bros, è la terza opera da regista dell’attore romano che si ispira al romanzo di Fabio Bartolomei  Giulia 1300 e altri miracoli.

Il film racconta la storia di tre quarantenni falliti, insoddisfatti e diversissimi tra loro che decidono di lasciare la città e aprire insieme (pur non conoscendosi) un agriturismo. Diego (Luca Argentero) vende auto e non ha mai rischiato: suo padre stesso, in fin di vita, lo rimprovera di non avere coraggio. Fausto (Edoardo Leo) è un coatto romano che si sente uno showman, tendenzialmente razzista e pieno di debiti. Incarna un po’ l’italiano medio con le sue battute classiche. Claudio (Stefano Fresi), pauroso, pacifista e depresso, è addirittura riuscito a far fallire (oltre al suo matrimonio) l’attività di famiglia, aperta nel 1910! A loro si aggiungono in un secondo momento Sergio (Claudio Amendola), cinquantenne comunista con addosso la rabbia per il fallimento di un’ideologia dopo tante battaglie ed Elisa (Anna Foglietta), giovane donna stravagante e sognatrice, abbandonata all’altare e incinta (non sa neanche lei di chi).

Ne esce il ritratto di una generazione che ha collezionato fallimenti sul lavoro e nella vita ma che ha voglia di trovare un’altra strada, il famoso piano B: "Siamo la generazione del piano B. Lavorare in questo Paese fa così schifo che quando allo schifo per il lavoro si aggiunge quello per la città cominci ad elaborare il tuo piano B. A vent’anni era il chiringuito sulla spiaggia. A quaranta, quasi sempre, si tratta di un agriturismo" queste le parole di Diego (Argentero), voce fuori campo all’inizio del film, che esprimono e colgono in pieno il tema principale portato sullo schermo da Edoardo Leo, già trattato in Smetto quando voglio di Sydney Sibilia (con gli stessi Leo e Fresi nel cast) ma sviluppato in maniera diversa. Sì, perché l’altro importante aspetto di Noi e la Giulia è la lotta contro i soprusi e le ingiustizie, la voglia di resistere a oltranza per difendere ciò che è proprio. Quando un camorrista del luogo si presenta al casale per chiedere il pizzo, i cinque non ci stanno e si ritrovano a reagire in maniera quanto mai assurda e rocambolesca. Qui in effetti la trama è poco realistica ma in fondo un film deve divertire e in questo caso lo fa bene, tenendo un buon ritmo, con ironia e una buona dose di autoironia presente nei personaggi. "Una risata li seppellirà" è infatti un altro motto fatto proprio dagli attori. Anche lo stesso camorrista Vito (Carlo Buccirosso) è una sorta di emarginato della malavita locale, un delinquente molto particolare, sui generis, che si presenta a bordo di una Giulia 1300 (la Giulia del titolo, quasi un personaggio reale ai fini della trama) e ascolta musica classica che diventa il sottofondo musicale, la colonna sonora di questa avventura. Riusciranno i nostri eroi nella loro impresa di difendere l’agriturismo dalle grinfie della camorra?

Va sottolineato che sebbene il tema di partenza sia impegnato, viene sempre e comunque trattato con leggerezza: il film si colloca dunque a pieno titolo nel classico filone della commedia all’italiana che se fatta, scritta, diretta e interpretata bene (come in questo caso), funziona, diverte e fa ridere col cuore.

Il regista confessa di essersi ispirato ad Ettore Scola ma anche ad American Hustle: si è infatti divertito moltissimo a trasformare, soprattutto fisicamente,
i suoi attori. Argentero accentua il dialetto torinese, Fresi ha la pelata, Amendola (che più di tutti si riconosce nel suo personaggio) si è fatto crescere la barba e la Foglietta era davvero incinta (e proprio per lei è stata riscritta la sceneggiatura). Tutto il cast risulta credibile, ognuno rende al meglio nel proprio ruolo. Una nota di merito, senza nulla togliere agli altri, va al mattatore Claudio Amendola e a Carlo Buccirosso, forti sia della maggiore esperienza che di una più spiccata caratterizzazione dei personaggi. Leo ha girato in sequenza cronologica, cosa non usuale nel cinema ma che calza alla perfezione per questo film, data l’evoluzione della trama ed il fatto che sia ambientato quasi per intero in un unico luogo: una masseria in Basilicata.


Noi e La Giulia, al cinema dal 19 febbraio, è un bel prodotto del cinema giovane italiano, ben confezionato, che punta a far riflettere ma soprattutto a far ridere. E ci riesce.

domenica 8 febbraio 2015

"Kingsman – Secret Service" - spy story tra fumetto e James Bond.

di Silvia Sottile         

Il regista Matthew Vaughn si sta ormai specializzando nell’adattamento cinematografico di fumetti della Marvel.  Dopo aver diretto Kick-Ass  e X-MenL’inizio, si cimenta con KingsmanSecret Service (tratto dall’omonimo fumetto di Mark Millar), una spy story molto inglese, dai ritmi adrenalinici, ricca di azione ma anche di tanto humour.
Lo spunto di partenza, volutamente e platealmente esplicito, sono i film di spionaggio per antonomasia, ovvero i vari James Bond, in particolare i primi con Sean Connery e Roger Moore che ormai fanno parte dell’immaginario collettivo: agenti  segreti di classe con fascino da vendere e pieni di gadget super tecnologici. Dunque fin dall’inizio i richiami e le citazioni sono palesi, sempre però con un approccio profondamente ironico.

La Kingsman è una agenzia super segreta britannica, al di sopra dell’MI6, ufficialmente non condizionata dalla politica,  i cui agenti hanno nomi in codice presi dai cavalieri della tavola rotonda (altro voluto riferimento a un mondo mitologico di prim’ordine). 
Il premio Oscar Colin Firth è Harry Hart/Galahad, agente esperto, che addestra e prende sotto la sua ala protettiva il giovane Eggsy (interpretato da Taron Egerton), un ragazzo di strada ma di grandi potenzialità, figlio di un collega morto anni prima in missione. Una sorta di My Fair Lady nel mondo dello spionaggio.  Come in ogni spy movie che si rispetti, bisogna anche salvare il mondo dai cattivi. Il super cattivo di turno, in perfetto stile 007, è Mr Valentine (Samuel L. Jackson), un multimiliardario con difetti di pronuncia, improponibili cappellini da baseball colorati e un folle piano di distruzione dell’umanità sfruttando la tecnologia. Il suo braccio destro è Gazelle (Sofia Boutella), bella e letale, che uccide con le sue protesi:  ha infatti affilatissime lame al posto delle gambe.  Naturalmente non mancano i colpi di scena.

Il cast è d’alto livello: Colin Firth, per la prima volta in un ruolo spiccatamente d’azione, si mostra a suo agio nelle scene di lotta, e veste con eleganza i panni del perfetto gentiluomo inglese, impeccabile nel suo abito d’alta sartoria. Taron Egerton, alla sua prima esperienza cinematografica di rilievo, non sfigura nel ruolo di coprotagonista al fianco di attori d’esperienza, anzi mostra a testa alta il suo talento.  
Samuel L. Jackson è semplicemente unico, di una bravura mostruosa. Peccato per il doppiaggio che, per forza di cose, fa perdere le sfumature originali della sua dizione imperfetta e più in generale degli accenti marcatamente diversi tra i vari protagonisti in base alla provenienza geografica e sociale.  Nel cast anche Michael Caine (Artù – socio anziano dell’agenzia), un Mark Strong in grande spolvero (Merlino – colui che addestra gli aspiranti Kingsman) e la splendida attrice e ballerina Sofia Boutella.

Il film forse non è molto politically correct: è sfrontato, ironico, surreale. Il regista sembra non prendersi troppo sul serio e dà un approccio decisamente da fumetto, nel senso più positivo del termine, discostandosi dal tono cupo che va molto ora di moda. Le scene d’azione sono tante, anche violente, ma palesemente finte, quindi alla fine molto divertenti. E decisamente simili più ad una coreografia di un video musicale che ad un combattimento vero e proprio. Gli attori presenti in conferenza stampa (Firth ed Egerton) ci hanno confermato che il training per il ruolo è stato più in direzione della danza. È qui che entrano in gioco i Take That con la loro canzone Get ready for it che fa da colonna sonora al film. La scelta si è rivelata brillante, il connubio funziona alla grande.  A sua volta il video del brano riprende luoghi, scene e personaggi del film. Del resto i Take That (come hanno tenuto simpaticamente a dirci) sono specializzati da vent’anni in questa sorta di combattimento acrobatico e coreografico.

KingsmanSecret Service sarà al cinema dal 25 febbraio. Promette di regalare due ore di puro divertimento. Consigliato.

mercoledì 4 febbraio 2015

"Non c'è 2 senza te"... perchè?

di Emanuela Andreocci

Avevamo basse, bassissime aspettative per Non c'è 2 senza te, il film di Massimo Cappelli in uscita il 5 febbraio, e mai avremmo creduto di sbagliarci. Eppure così è stato ed è giusto ammettere che ci siamo dovuti ricredere: anche nella peggiore delle ipotesi non avremmo mai immaginato di trovarci davanti ad un prodotto così basso.

Fabio Troiano (Moreno) e Dino Abbrescia (Alfonso), la coppia gay che già Zalone, con nomi diversi, ci aveva mostrato in Cado dalle nubi, racchiudono nel loro piccolo nucleo familiare un concentrato di cliché difficili da digerire che, probabilmente, in un altro contesto avrebbero anche fatto ridere. 
Qui no: a nulla serve la bravura degli attori - perchè, diciamolo, il loro in qualche modo lo fanno - quando la recitazione è supportata da una sceneggiatura banale che non offre nessuno spunto, nè di riflessione, nè di ilarità. 

Ma procediamo, come è giusto che sia, con la sinossi: una consolidata coppia gay viene messa in discussione dall'arrivo di Laura, la "gnoccolona" di turno interpretata da Belen Rodriguez, e si deve adattare a convivere per ben tre mesi con un bambino, nipote di Alfonso. Basta. Anzi, no, c'è dell'altro: la Signora Capasso (Tosca D'Aquino) è la vicina di casa napoletana che da elemento ostile si trasformerà in valido alleato. E qui veramente abbiamo finito. 

"Ho pensato fosse necessario proporre al grande pubblico una storia che raccontasse cosa può succedere nella vita di una normale coppia di omosessuali quando, all'improvviso, un bambino arriva a turbare il loro tran tran" scrive Cappelli - che insieme a Troiano è anche autore del libro da cui il film è tratto - nelle note di regia, soffermandosi su quanto sia importante che il cinema italiano, in ritardo sulla tabella di marcia, affronti le importanti questioni sulle coppie di fatto, le adozioni da parte di coppie gay ed i matrimoni tra omosessuali.
Ebbene, caro Signor Cappelli, ci dispiace comunicarle che non è riuscito nè ad affrontare tali tematiche, nè ad utilizzare le lenti della commedia, cosa che invece non molto tempo fa, pur con argomenti che erano soltanto di contorno alla storia principale, ha fatto perfettamente Riccardo Milani in Scusate se esisto.

Un film, dunque, da dimenticare. Neanche il richiamo a Jep Gambardella de La grande bellezza o la scena del coming out al contrario sono riusciti a strappare una risata. 

Di questa pellicola, forse, possiamo salvare solo il titolo.