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giovedì 21 novembre 2013

Facciamo il punto su: "The Walking Dead"


di Emanuela Andreocci

Nella mia idea di partenza, per quanto riguarda le serie tv, volevo soltanto pubblicare le recensioni dei vari pilot e poi quelle conclusive delle singole stagioni, affidando semplicemente a qualche tweet stringato o a qualche più ampio commento su facebook delle considerazioni flash sui singoli episodi o sui fatti più rilevanti. Arrivati ad oggi, però, mi sembra invece doveroso fare il punto della situazione sulle serie che ci stanno più a cuore.
Cominciamo con l'attesissima quarta stagione di The Walking Dead: dopo un primo episodio da dimenticare (l'esordio ha sicuramente deluso le aspettative), la serie si è pian piano ripresa, introducendo degli ottimi spunti narrativi che si sviscereranno nel corso delle prossime puntate. Sicuramente, come molti hanno notato, è di certo più lenta delle stagioni precedenti, ma è interessante il lavoro fatto sulla psicologia dei personaggi. Alcuni già li conosciamo, altri invece sono nuovi, frutto della fusione di più gruppi (vd. l'esodo da Woodbury alla fine della terza stagione). 
La maggior parte degli eventi avvengono all'interno della prigione che, da iniziale luogo di salvezza, si è trasformata in claustrofobica tomba: gli zombie passano in secondo piano lasciando il posto al morbo che si diffonde e che inesorabile miete vittime. Non si può combattere contro qualcosa che non si conosce nè si vede, si può solo sperare di arginare il problema con infusi di piante e spedizioni in cerca di medicine. Oppure si può uccidere quelli che fino a poco prima erano uomini, compagni e amici per provare a placare la diffusione del male...
I personaggi cambiano, alcuni si vedono poco e niente, altri invece diventano fondamentali.  Rick nei primi due-tre episodi ha continuato la sua involuzione (non pensando ad altro che a coltivare la terra) per poi tentare di riprendere il controllo innanzitutto su se stesso, e poi sul gruppo. Daryl e Glenn hanno momentaneamente avuto un ruolo marginale, sebbene si tema per la vita del secondo. Hershel, dal canto suo, è sempre più fondamentale: infonde coraggio, guida e cura gli altri con l'amore di un padre e la saggezza di un nonno. Michonne aiuta, partecipa alle spedizioni, entra ed esce dalla prigione per assecondare la sua anima inquieta: ha necessità di starne fuori perchè fuori è il suo obiettivo. Il personaggio che sicuramente ha compiuto un'evoluzione che ha dell'incredibile è quello di Carol: l'ex moglie sottomessa ha dato l'idea di aspirare alla leadership ribellandosi all'autorità in più di un'occasione e diventando, da vittima, carnefice.
Il quinto episodio ci ha lasciati col dubbio sul suo destino: cosa farà visto che Rick l'ha bandita dal gruppo? La stessa puntata si è conclusa con un altro strategico cliffhanger: il governatore è tornato e osserva di nascosto la prigione. Perchè? Quali sono i suoi intenti? L'abbiamo atteso tanto e con ansia, ma perchè la sua ricomparsa coincide proprio con l'esilio di Carol? Il destino dei due sarà legato? Speravamo di trovare risposte convincenti nel sesto episodio, ma siamo stati destinati a soffrire nell'attesa: l'ultima puntata, quella in cui si riponevano tutte le speranze e le risposte ai nostri dubbi, è stata infatti pensata interamente come un lungo e lontano flashback proprio sulla vita del temibile Philip Blake a partire dalla strage compiuta nel finale della scorsa stagione. E anche qua veniamo spiazzati: possibile che, dopo tutto quello che ha fatto, possa tornare ad essere una persona con sentimenti e valori? Possibile che riesca ad affezionarsi ancora alle persone? 
Un'unica cosa è certa: The Walking Dead colpisce ancora.