di Silvia Sottile
“Cosa sarebbe stata Parigi senza il Louvre o la Russia senza
l’Hermitage?” Da questa semplice domanda emerge il valore dell’arte e della
cultura nella storia di un popolo. Da questo quesito quasi esistenziale prende
il via il racconto di Aleksandr Sokurov.
Francofonia,
presentato in Concorso al 72° Festival
del Cinema di Venezia, è la storia di due uomini eccezionali: il direttore del
Louvre Jacques Jaujard (Lois-do de Lencquesaing) e l’ufficiale di occupazione
nazista il conte Franziskus Wolff-Metternich (Benjamin Utzerath), prima nemici,
poi collaboratori. Sarà grazie alla loro alleanza che molti tesori del Louvre
saranno salvati nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Sokurov, regista di
capolavori quali Faust (Leone d’oro a
Venezia nel 2011) e Arca Russa,
esplora lo stretto e delicato rapporto tra arte e potere ma ancor di più tra
arte e storia e lo fa con un’opera decisamente surreale e discontinua ma di
certo fascino artistico, incredibile intensità e immane valore, a metà tra il
documentario, la ricostruzione storica e naturalmente la finzione
cinematografica che viene sapientemente in aiuto.
La voce narrante (lo stesso Sokurov in originale) è affidata
nella versione italiana allo straordinario Umberto Orsini che con la sua
dizione dolce e impeccabile ci trasporta nel magico mondo di Parigi, del Louvre
e dell’arte. Ci culla tra il sogno e la realtà, tra verità storica e finzione,
senza mai risultare pesante o fastidioso. A volte ci si può addirittura perdere
nei meandri della narrazione, assecondando le proprie personali
riflessioni sul tema, ma l’interesse sarà subito facilmente risvegliato.
Dal punto di vista tecnico troviamo un insieme di vari elementi
ben amalgamati a formare questa sorta di documentario cinematografico sull’Arte
in generale e sul Louvre sotto l’occupazione nazista in particolare. Ottima
fattura, elevata qualità e accurata ricostruzione storica sono i punti forti
dell’opera del regista russo: si alternano vecchie fotografie d’epoca in bianco
e nero, filmati originali di repertorio, la parte principale del film
(ambientato al Louvre nel 1940, presenti anche alcuni scorci di Parigi e dei
castelli sulla Loira) e perfino il presente, con Sokurov che dialoga tramite computer
con un suo amico su una nave in tempesta che trasporta un’importante collezione
museale. Non mancano naturalmente alcune
delle più belle e significative opere custodite al Louvre, come la Nike di
Samotracia o la Gioconda di Leonardo da Vinci. Particolarmente affascinante, quasi
magica, è la scelta di dare corpo a due fantasmi del Louvre: la Marianne (Johanna
Korthals Altes) e Napoleone (Vincent Nemeth) che vagano per le sale del museo
quasi completamente vuoto (durante la guerra le opere furono salvate proprio
trasportandole in luoghi sicuri, e conservate nei castelli della Loira) ripetendo
“Liberté, Égalité, Fraternité”
(lei) e vantandosi dei tesori conquistati durante le sue campagne militari (lui).
Davvero un tocco originale, simpatico e delicato, con una punta di
nostalgia mista ad ironia.
Francofonia va
oltre il documentario, sebbene il tono appartenga innegabilmente a questo
genere, però lo stile altamente innovativo lo rende un prodotto difficile da
etichettare ma sicuramente molto più fruibile. Vedere sullo schermo Parigi e le
meravigliose opere d’arte del Louvre è sempre un piacere per gli occhi, per la
mente e per il cuore. Ed è fondamentale non dimenticare l’importanza della
storia, della cultura e dell’arte che sono la culla della civiltà per ogni
popolo. Dal 17 dicembre al cinema distribuito da Academy Two.
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