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giovedì 29 settembre 2016

“Indivisibili”: un legame indissolubile

di Silvia Sottile

Presentato al Toronto International Film Festival e alle Giornate degli Autori alla Mostra del Cinema di Venezia, Indivisibili ha ricevuto il prestigioso Premio Pasinetti assegnato dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani ed è anche andato molto vicino a rappresentare l’Italia ai prossimi Oscar (scelta poi caduta sul documentario Fuocoammare di Gianfranco Rosi, già vincitore dell’Orso d’Oro a Berlino).

Diretto dal regista napoletano Edoardo De Angelis, Indivisibili racconta la storia di Dasy e Viola (Angela e Marianna Fontana), due gemelle siamesi diciottenni unite per il bacino, due belle ragazze, con una voce straordinaria, che cantano canzoni neomelodiche scritte dal padre e si esibiscono a feste e matrimoni per dare da vivere alla famiglia, sottostando alle rigide direttive paterne. In paese le ragazze hanno addosso gli occhi di tutti, come fossero un fenomeno da baraccone, tra attrazione e repulsione, tra religione e superstizione: la gente le venera come Sante, tutti vogliono toccare il lembo di pelle che le unisce perché pensano porti fortuna. Quando incredibilmente scoprono di potersi dividere, Dasy e Viola (nomi scelti in omaggio alle gemelle siamesi di Freaks, Daisy e Violet Hilton) iniziano a sognare la libertà, la normalità: mangiare un gelato, viaggiare, ballare, bere vino senza temere che l’altra si ubriachi… fare l’amore.

Indivisibili parte da un presupposto surreale, inserito in un contesto profondamente reale, per raccontare, con grande emozione, il coraggio di queste ragazze in fuga da quel continuo reality che è la loro famiglia, un percorso di crescita e di separazione, una viaggio  – non privo di sofferenze – verso la libertà, una lotta interiore tra la paura del distacco e il desiderio di una vita diversa, nuova, normale, divise ma sempre unite.

Il paesaggio è quasi un altro personaggio fondamentale della storia. De Angelis ambienta questo toccante racconto in una realtà difficile, a Castelvolturno (in provincia di Caserta), per raccontare ancora una volta il degrado della riva destra del Volturno: il film inizia infatti esattamente nello stesso punto dove finiva il precedente, Perez.  Eppure, in questo intenso dramma familiare, profondo, crudo e poetico, non manca la luce della speranza.

Straordinaria la prova delle gemelle Angela e Marianna Fontana (non siamesi, ma ugualmente unitissime, ancor di più con la protesi in silicone medico che richiedeva ogni giorno 5 ore di trucco prima di iniziare a girare e che ha rinsaldato il loro già fortissimo legame di intimità): pur essendo così giovani e al loro esordio cinematografico, riescono a reggere abilmente sulle proprie spalle tutta la pellicola con una forte e innata presenza scenica, supportate da un cast esperto che vede Antonia Truppo (David di Donatello 2016 per Lo chiamavano Jeeg Robot) e Massimiliano Rossi nei panni dei genitori (figure drammaticamente umane, che sbagliano, ma non demonizzate), e la partecipazione di Tony Laudadio, Gianfranco Gallo e Peppe Servillo.

Ad accompagnare il percorso di crescita e di autodeterminazione delle ragazze, la loro lotta, sofferta, verso una separazione simbolo di libertà ma anche di lacerazione, ci sono le magnifiche musiche originali di Enzo Avitabile, che intensificano le emozioni e toccano l’anima.

Indivisibili , nelle nostre sale dal 29 settembre, distribuito da Medusa, è un piccolo gioiello: un film d’autore, amato dalla critica, che ha nelle sue corde anche la capacità di essere apprezzato dal pubblico.

“Al posto tuo”: scambieresti la tua vita con quella di uno sconosciuto?

di Silvia Sottile

Cosa fareste se vi proponessero di scambiare la vostra vita con quella di un estraneo per una settimana? Da questo intrigante presupposto parte Al posto tuo, commedia diretta da Max Croci, al suo secondo film dopo il recente esordio con Poli Opposti (2015).

Luca Molteni (Luca Argentero) è un uomo affascinante, ipertecnologico, glamour, single e sciupafemmine. Rocco Fontana (Stefano Fresi) è un tranquillo padre di famiglia, è sposato con Claudia (Ambra Angiolini), ha tre figli, una casa in campagna ed è perennemente a dieta. Uno è un estroso architetto, l’altro un preciso geometra. I due non potrebbero essere più diversi, non hanno nulla in comune, tranne il lavoro: sono infatti entrambi direttori creativi di due aziende di sanitari sull’orlo della fusione. Ma la nuova società ha bisogno di un solo responsabile, con le qualità di ambedue, così Luca e Rocco sono costretti a sfidarsi in questa sorta di gioco di ruolo, uno scambio di vite proposto dal loro nuovo capo, la sadica Sig.ra Welter (Pia Lanciotti) per capire e accettare le rispettive abitudini e gli immancabili segreti. Nel cast troviamo anche Serena Rossi (nei panni di un’avvenente barista di paese, nonché cugina di Rocco), Grazia Schiavo (Ines, la vicina salutista di Luca) e Fioretta Mari (Erminia, l’estroversa mamma di Claudia).

Lo spunto di partenza, sebbene non proprio originale, sembra piuttosto simpatico, da tipico buddy movie: due uomini apparentemente opposti, costretti a vestire l’uno i panni dell’altro. E già si ride al solo pensiero di immaginare Fresi nei panni di Argentero (gli stessi protagonisti hanno scherzato ironicamente su questo aspetto con i giornalisti in sede di conferenza stampa). L’inizio tutto sommato è abbastanza scoppiettante, perché sia Fresi che Argentero sono bravi, brillanti e affiatati. Peccato però che le buone premesse vengano del tutto disattese. Il problema principale è proprio la sceneggiatura: piatta, banale, priva di ritmo e di guizzi originali. Si intuisce già molto tempo prima come si evolveranno tutte le vicende: entrambi troveranno nella vita dell’altro qualcosa di buono e questo li aiuterà a migliorare le proprie esistenze.  
La pellicola non decolla mai, e non regala nulla che le consenta di essere ricordata. Pian piano l’interesse per la trama si affievolisce del tutto, i personaggi risultano troppo stereotipati nei propri ruoli; i comprimari, a cui è teoricamente assegnato il ruolo maggiormente comico, scivolano in situazioni prevedibili ed anche piuttosto inutili. La Angiolini sembra fuori parte (poteva essere sfruttata meglio), la Schiavo è sempre troppo sopra le righe, l’unica donna che lascia il segno è la bella e mediterranea Serena Rossi.

Per riuscire nel suo intento di regalare una piacevole commedia, Croci avrebbe dovuto rischiare di più e sfruttare meglio i presupposti, in particolare la comicità innata di Fresi. Troppo pochi inoltre sono gli screzi e le scintille tra il suo personaggio e quello opposto di Argentero. Lo stile da fiction televisiva e certe scene che proprio non avremmo voluto vedere – troppo buoniste o che sanno di già visto – inficiano ulteriormente una commedia che perde mordente strada facendo, rivelandosi anche un po’ noiosa sul finale. A nulla servono la cura per i costumi (costante la ricerca di abiti particolari e colorati) e la colonna sonora variegata che coniuga musiche originali, pezzi pop/rock di giovani complessi emergenti e qualche brano di repertorio dal sapore vagamente vintage.

Davvero un peccato, perché le premesse per un prodotto divertente e di migliore qualità c’erano tutte. Purtroppo Al posto tuo delude le nostre aspettative ed ha gli stessi difetti e debolezze già riscontrati lo scorso anno in Poli Opposti.

Al cinema dal 29 settembre. 

giovedì 22 settembre 2016

“I Magnifici 7” – remake del western di Sturges

di Silvia Sottile

Presentato fuori concorso come film di chiusura alla 73^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, I Magnifici 7 di Antoine Fuqua è il remake dell’omonimo film del 1960 di John Sturges (con grandi attori quali Yul Brynner, Eli Wallach, Steve McQueen, Charles Bronson e James Coburn), che a sua volta era liberamente ispirato al capolavoro di Akira Kurosawa, I sette Samurai (1954).

In questa nuova versione, che si mantiene abbastanza fedele al western originale, è riproposta una trama piuttosto semplice e lineare, di stampo classico: la cittadina di  Rose Creek, vicina ad una miniera d’oro, viene presa di mira dal magnate senza scrupoli Bartholomew Bogue (Peter Sarsgaard) che uccide tutti coloro che gli si oppongono o che non accettano le sue condizioni vessatorie. Emma Cullen (Haley Bennett), a cui è stato ucciso il marito, decide di assoldare qualcuno disposto a liberare il paese e a difendere i suoi abitanti: sette fuorilegge (cacciatori di taglie, giocatori d’azzardo, pistoleri in crisi interiore, sicari) per ottenere giustizia e vendetta. A capitanarli c’è Sam Chisolm (Denzel Washington, che ha già più volte collaborato con Fuqua) e tra gli altri troviamo un nutrito cast di star: Chris Pratt, Ethan Hawke, Vincent D’Onofrio. Sembra infatti che l’idea di rinverdire i fasti di un genere cinematografico storico come il western, ultimamente poco battuto, preveda sempre l’inserimento di nomi di grande richiamo per il pubblico. La scelta dei 7 è decisamente politically correct, pure troppo! Abbiamo infatti un nero, un cinese, un nativo americano, un messicano, un predicatore, un nordista e un sudista (a livello temporale siamo all’incirca pochi anni dopo la guerra di secessione americana).

Il problema principale è che manca quasi completamente l’introspezione dei personaggi che si rivelano quindi piuttosto piatti e stereotipati, non ne capiamo le motivazioni e dobbiamo accettare gli eventi come un dato di fatto. Un minimo di approfondimento in più è riservato solo al Chisolm di Washington e al Goodnight Robicheaux di Hawke, che dalla loro hanno anche ottime capacità recitative tali da sopperire a tutto ciò che manca. Il personaggio di Pratt e il cattivo di Sarsgaard risultano invece troppo macchiettistici, mentre la Bennett non ha il carisma necessario per il suo ruolo da leader ma è comunque positivo aver creato un archetipo di donna forte.

Se pensiamo subito all’inevitabile confronto con l’originale, è indubbio che il film ne esce sconfitto, se invece lo vediamo solo come un prodotto di intrattenimento, allora riesce bene nel suo scopo. Le oltre due ore de I Magnifici 7 scorrono infatti senza mai annoiare, tra scontri a fuoco, numerose uccisioni (va sottolineato che non si eccede nella violenza gratuita e cruenta, anzi, di sangue se ne vede davvero poco), paesaggi brulli, dimostrazioni di coraggio, creazione del gruppo, un pizzico di ironia, fino all’immancabile scontro finale (e impari) tra i sette e l’esercito di Bogue, secondo il più classico degli stilemi: buoni vs cattivi.

La colonna sonora è del premio Oscar James Horner (Titanic) – da  poco scomparso in un incidente aereo – che non lascia troppo il segno, non essendo particolarmente innovativa, ma non manca di omaggiare le straordinarie e ineguagliabili  note di Elmer Bernstein che conferivano epicità al film del 1960.


I Magnifici 7, nelle nostre sale dal 22 settembre, è comunque una pellicola molto gradevole che si guarda con piacere se ci si aspetta solo di trascorrere un paio d’ore di buon intrattenimento cinematografico.

mercoledì 21 settembre 2016

“Bridget Jones’s Baby”: un esilarante e riuscitissimo sequel

di Silvia Sottile

Bridget Jones è tornata! Ed è più in forma che mai. La single inglese più famosa di sempre, goffa, romantica, simpatica e imbranata (nata dalla penna della scrittrice britannica Helen Fielding) in cui tutte noi donne imperfette ci siamo immedesimate almeno una volta nella vita, torna sul grande schermo – a distanza di 12 anni da Che pasticcio, Bridget Jones! e ben 15 dal suo esordio con Il Diario di Bridget Jones – con un divertentissimo sequel, tanto esilarante quanto romantico, e di sicuro ben riuscito, oltre ogni più rosea aspettativa. Non è un caso che alla regia troviamo nuovamente Sharon Maguire, già regista del primo episodio, che ci fa subito dimenticare la sfortunata parentesi del sequel diretto da Beeban Kidron, mai veramente convincente.

La sceneggiatura di Bridget Jones’s Baby è oltretutto firmata dalla stessa autrice, Helen Fielding, insieme a  Dan Mazer e alla straordinaria Emma Thompson (premio Oscar per la sceneggiatura non originale di Ragione e Sentimento e come attrice protagonista per Casa Howard), sempre una garanzia.

Bridget Jones (Renée Zellweger) ha 43 anni ed è di nuovo sola: una Zilf (versione zitella di Milf). La storia con Mark Darcy (Colin Firth) è finita da alcuni anni ma almeno Bridget ha ritrovato la tanto desiderata forma fisica ed è realizzata nel lavoro, infatti è una brillante produttrice in un notiziario di punta. Dopo una notte di passione con l’affascinante americano Jack Qwant (Patrick Dempsey), incontrato a un festival musicale in preda ai fumi dell’alcol, e una tra le braccia di Mark per un fugace ritorno di fiamma, la nostra Bridget scopre di essere in dolce attesa ma il piccolo problema tecnico è: chi sarà il padre del bambino? Dalla gestione di questo improbabile triangolo amoroso e relativi divertentissimi equivoci, conditi da battute brillanti, simpatici siparietti e tanta ironia, nasce questa esilarante commedia sentimentale che scorre piacevolmente tra scene comiche e frizzanti, ma anche nostalgiche e romantiche (assolutamente mai banali), tenendo un ritmo scoppiettante dall’inizio alla fine.

Merito naturalmente della scrittura ma anche dell’ottimo cast: la Zellweger (Oscar per Ritorno a Cold Mountain), nonostante i presunti ritocchini,  si cala ancora una volta alla perfezione nei panni della dolce e pasticciona Bridget, questa volta forse un po’ più consapevole e matura; Colin Firth (Oscar per Il discorso del Re), sebbene un po’ invecchiato, è sempre l’impeccabile Mark Darcy, palesemente ispirato al Mr. Darcy di Orgoglio e Pregiudizio (da lui stesso interpretato nella miniserie BBC del 1995) a cui c’è persino qualche richiamo in certe atmosfere. Azzeccata la scelta dell’affascinante Patick Dempsey per il ruolo di Jack Qwant, che non fa rimpiangere l’assenza del Daniel Cleaver di Hugh Grant. Jim Broadbent e Gemma Jones riprendono il ruolo dei genitori di Bridget. Tra le new entry segnaliamo il personaggio di Miranda (Sarah Solemani), una spumeggiante collega di Bridget, e soprattutto la spassosa ginecologa interpretata da Emma Thompson, la vera chicca del film: un piccolo ma fondamentale ruolo per la strepitosa attrice e sceneggiatrice britannica.

Tante risate, dunque, e un pizzico di commozione per un film che scorre piacevolmente tra divertimento e nostalgia. Gli eventi tragicomici degni delle migliori commedie brillanti sono accompagnati dalla bella colonna sonora di Craig Armstrong (Moulin Rouge!). E a proposito di musica: non poteva certo mancare All by Myself e, ciliegina sulla torta, c’è un piccolo cameo del cantante Ed Sheeran con un pezzo live da un suo concerto.

Bridget Jones’s Baby rappresenta dunque un gradito, atteso e delizioso ritorno di un personaggio iconico che abbiamo amato e continueremo ad amare. Un film ben scritto e ben recitato, sempre godibile, che non delude le aspettative.

Nelle nostre sale dal 22 settembre.


martedì 20 settembre 2016

“Lampedusa – Dall’orizzonte in poi”: il dramma dei migranti

di Silvia Sottile

Lampedusa – Dall’orizzonte in poi è un film tv in due puntate, diretto da Marco Pontecorvo, che andrà in onda su Rai 1 martedì 20 e mercoledì 21 settembre.
La storia, ambientata nel 2010 per mantenere una certa distanza critica dagli avvenimenti, narra le reali situazioni che ogni giorno vive  e affronta Lampedusa: gli sbarchi dei migranti, l’impegno della Guardia Costiera che salva vite in mare e la solidarietà di tutti gli abitanti dell’isola nonché di chi gestisce (sempre in emergenza) il Centro di Accoglienza, aiutando gli uomini, le donne e i bambini che affrontano i pericoli del mare su imbarcazioni di fortuna con la speranza di un futuro migliore.

Il Maresciallo Serra della Guardia Costiera (Claudio Amendola) è appena stato trasferito a Lampedusa ed è subito chiamato ad un delicato salvataggio: un barcone carico di migranti, una delle cosiddette “Carrette del mare”, è affondato. Serra lotta con tutte le sue forze per strappare quella povera gente da morte certa, anche contravvenendo alle indicazioni del Comando: li soccorre e li porta a Lampedusa, la piccola isola siciliana dal cuore grande, dove ad attenderli c’è Viola (Carolina Crescentini), una donna forte e coraggiosa che gestisce il Centro di Prima Accoglienza in cui convivono gruppi di etnie, religioni e culture diverse in condizioni difficili. Tra i migranti salvati da Serra e affidati a Viola c’è anche un bambino, Dhaki, che ha affrontato mille difficoltà per giungere fino a lì, mentre sua madre e sua sorella sono ancora in balia dei trafficanti di clandestini e non sanno se e quando riusciranno a raggiungere la meta tanto agognata. Le vicende di Dhaki, della sua famiglia, ma anche degli altri migranti, sono esemplificative di quanto avviene nella realtà. Così come reale è l’impegno della Guardia Costiera e degli operatori del Centro.

Si tratta di un film importante, addirittura necessario, in quanto affronta il tema delicato e urgente dell’emergenza migranti, senza retorica, con meno finzione del previsto e molti elementi reali. Un tema caldo, una situazione disperata che anche grazie al documentario Fuocoammare di Gianfranco Rosi e a questa miniserie può raggiungere un vasto pubblico per far conoscere da vicino il dramma dei migranti e le difficoltà di chi cerca con dedizione e coraggio di aiutarli.

In questo Lampedusa stupisce positivamente perché non cerca la commozione facile, enfatizzando le emozioni, ma lascia che a parlare siano i fatti e gli sguardi di uomini, donne e bambini che vivono questa situazione di emergenza e dolore. Come non emozionarsi di fronte alla sofferenza di chi rischia la vita per sfuggire a guerre e persecuzioni, rischiando di morire in mare, e poi si ritrova come chiuso in gabbia nei centri di accoglienza? Come non immedesimarsi nell’angoscia del Maresciallo Serra e del suo equipaggio quando arrivano troppo tardi e trovano solo cadaveri da recuperare? Così come è impossibile non comprendere la dedizione che Viola e gli altri operatori mettono in gioco per questa gente. E dall’altra parte c’è un’isola meravigliosa, con un mare caraibico e paesaggi mozzafiato che entrano nel cuore. Anche la gente del posto è generosa e accogliente: a parte alcune voci che si alzano fuori dal coro temendo la fine del turismo, si tratta di un’isola di pescatori. Tutti accettano la legge del mare: non si può lasciare un uomo in mare, va salvato. Questo andrebbe riconosciuto come un valore universale.

Amendola è molto bravo e credibile nel ruolo, intensa e passionale la Crescentini, ottimo anche il cast di supporto: Massimo Wertmuller, Ninni Bruschetta, Paola Tiziana Cruciani, Fabrizio Ferracane, Peppino Mazzotta e per la prima volta sullo schermo il piccolo (e straordinario) Benji Liam Servina nel ruolo di Dhaki.

Lampedusa – Dall’orizzonte in poi tocca l’anima nel profondo perché non si può restare indifferenti di fronte ad un tale dolore e viene naturale commuoversi e  immedesimarsi in questa emergenza quotidiana, nelle situazioni disperate, nel dramma dei migranti e di Lampedusa, la prima striscia di terra dopo tanto mare.


giovedì 8 settembre 2016

“Tommaso” e il suo rapporto con le donne

di Silvia Sottile

Presentato fuori concorso alla 73^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Tommaso vede il ritorno dietro la macchina da presa di Kim Rossi Stuart, dieci anni dopo l’esordio alla regia con Anche libero va bene. Questa sua seconda opera è in realtà strettamente collegata alla prima, difatti il protagonista – il Tommaso del titolo – altri non è che il bambino di Anche libero va bene che in Tommaso ritroviamo cresciuto e alle prese con problemi affettivi ed esistenziali.

Tommaso (Kim Rossi Stuart) ha una relazione con Chiara (Jasmine Trinca) ma fa di tutto per essere lasciato. Quando finalmente ci riesce, pensa di essere libero di vivere le sue passioni, ma in realtà continua ad essere ossessionato dalle figure femminili che incontra, commette gli stessi errori  e tutte le sue storie finiscono sempre allo stesso modo: romanticismo e desiderio lasciano il posto alla paura di impegnarsi. Sulla sua strada Tommaso incontra Federica (Cristiana Capotondi) e Sonia (Camilla Diana), ma è solo quando si ritrova completamente solo e disperato che si rende conto di dover affrontare i demoni del suo passato.

L’idea di partenza, ovvero la voglia di indagare le difficoltà relazionali di un uomo che ha subìto un trauma nell’infanzia (l’abbandono da parte della madre) è sulla carta uno spunto interessante. Peccato che la messa in scena non lo sia altrettanto, risultando forzata e a tratti imbarazzante.  La rappresentazione di questa realtà non appare credibile, persa tra sogni ad occhi aperti, psicanalisi, suggestioni, allucinazioni e scene oniriche surreali. Ma soprattutto non aiuta la recitazione del protagonista (il caso vuole che anche Tommaso sia un attore), troppo sopra le righe, enfatica, tanto da far risultare evidente la finzione. E così non si trasmette quel senso di realtà necessario per immedesimarsi nelle vicende narrate sullo schermo. 

Kim Rossi Stuart, nel ruolo di regista, attore, autore di soggetto e sceneggiatura, costruisce un film su di sé in cui lui stesso è protagonista assoluto, sogna, desidera, urla, si muove, gesticola, si strugge, nei panni di un uomo insicuro, insoddisfatto e disturbato. È sempre in scena, senza però essere in grado di trasmettere profondamente le emozioni del suo personaggio. Sembra quasi che gridi i suoi problemi piuttosto che sentirli davvero. In Tommaso si nota una inconfondibile influenza morettiana, un’ispirazione tanto forte ed evidente quanto inspiegabile, anche perché Rossi Stuart non è Nanni Moretti.

Il punto di vista sulla storia è sempre soggettivo e maschile (fin troppo), mentre le figure femminili sono solo di supporto, dei corpi  (spesso nudi), a cui non viene dato il giusto spessore. 
Va sottolineato, però, che ci sono alcuni momenti divertenti, i personaggi infatti sono visti con una bonaria ironia. Dunque il film vira più sulla commedia che sul dramma, ed alcune scene, talmente surreali da risultare comiche, aiutano la scorrevolezza della pellicola.

A livello visivo è ben calibrata l’alternanza di interni ad esterni (in particolare paesaggi di campagna), mentre la colonna sonora, che avrebbe potuto aiutare nel trasmettere il pathos, risulta piuttosto anonima.

Tommaso, nelle nostre sale dall’8 settembre, non riesce a convincere pienamente, perso tra desiderio autoriale, poca coerenza e difficoltà a dare un senso di realtà.