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domenica 18 gennaio 2015

"Il nome del figlio": una "Cena tra amici" all'italiana

di Silvia Sottile

Le grandi aspettative che nutrivamo per  il nuovo film di Francesca Archibugi (prodotto, tra gli altri, anche da Paolo Virzì) sono state ampiamente soddisfatte: Il nome del figlio, in sala dal 22 gennaio, rappresenta il ritorno al cinema per la regista romana che si cimenta in una commedia brillante con un cast d’eccezione che vede sullo schermo tutti grandi attori italiani.

Base di partenza della sceneggiatura è la pièce teatrale francese Le prènom divenuta in seguito anche un film, Cena tra amici (di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte). È stato naturalmente fatto un abile lavoro di riscrittura per adattarla alla nostra realtà italiana:  ci troviamo di fronte ad uno spaccato di società contemporanea con cinque protagonisti, diversi tra loro ma legati fin dall’infanzia, che rappresentano un po’ le due facce del nostro Paese. Paolo Pontecorvo (Alessandro Gassmann) proviene da una nota e agiata famiglia, è un cinico agente immobiliare di centro-destra sempre in vena di fare scherzi e non perde occasione per mettersi al centro dell’attenzione. Betta (Valeria Golino), sorella di Paolo, è un’insegnante con due figli: madre, moglie, amica, remissiva e disponibile, ma insoddisfatta. Sandro (Luigi Lo Cascio), marito di Betta, è un professore universitario di sinistra un po' snob, scrittore di saggi e maniaco di twitter. Claudio (Rocco Papaleo) è l’estroverso amico d’infanzia, un musicista dalla vita sentimentale segreta e colui che ha sempre tenuto unita la compagnia. A questi personaggi si aggiunge anche Simona (Micaela Ramazzotti), la bella di periferia, moglie incinta di Paolo e scrittrice di successo grazie ad un romanzo piccante.

Quella che doveva essere una semplice cena tra amici si trasforma, a causa di uno scherzo sul nome da dare al nascituro, in un profondo scontro psicologico in cui tutti i nodi vengono al pettine ed emergono i contrasti, le recriminazioni, i problemi personali, i conflitti irrisolti ed i segreti di chi si pensava di conoscere perfettamente. Si approfitta della situazione per creare un momento catartico in cui, senza peli sulla lingua, gli amici si confessano e si rinfacciano tutto ciò che pensano l’uno dell’altro e che hanno taciuto per vent’anni, ma sempre mantenendo il tono allegro e divertente della commedia, anche perché alla base c’è una profonda amicizia e un legame che dura da una vita. La quasi totalità della storia si svolge a casa di Betta e Sandro, uno scenario molto limitato, ma creato e rappresentato alla perfezione fin nei dettagli, con la presenza anche dei due figli della coppia e una moltitudine di libri sparsi ovunque. Interessanti e utili allo svolgersi della trama risultano anche i brevi flashback nella villa al mare dove i protagonisti hanno trascorso l’infanzia.

Sono i dialoghi, i movimenti sulla scena e la gestualità dei protagonisti a scandire il ritmo di una commedia che fila liscia come l’olio, grazie anche e soprattutto all’abilità della regia e, lo abbiamo detto, della recitazione: i tempi comici sono perfetti e si ride di gusto, con un pizzico di amarezza e commozione. Splendida la caratterizzazione dei personaggi: gli attori si calano magistralmente nella parte, tutti incarnano alla perfezione il ruolo assegnato che sembra essere stato scritto appositamente per loro (la stessa regista, d'altronde, ha ammesso in sede di conferenza stampa che le servivano personaggi che "illuminassero i contrasti").

Una curiosità: la scena della nascita è stata davvero ripresa dalla Archibugi al momento del parto di Micaela Ramazzotti. Abbiamo dunque per la prima volta sugli schermi la piccola Anna Virzì.

giovedì 15 gennaio 2015

“Exodus - dei e re” o semplicemente uomini?

di Valerio Cassarino

Exodus - dei e re di Ridley Scott (Il gladiatore, Prometheus) porta sul grande schermo il racconto biblico, tratto ovviamente dall’Esodo, di Mosè e della fuga degli ebrei dall’Egitto. Il film in uscita il 15 gennaio, però, fornisce una lettura completamente nuova e diametralmente opposta rispetto all’acclamatissimo predecessore I dieci comandamenti (C. B. DeMille, 1956) a cui lo spettatore, volente o nolente, torna con la memoria. Si parte subito dal confronto perché è fondamentale per comprendere bene lo spirito che anima il film di Scott rispetto al suo antecedente e perché permette di dare una lettura più profonda di quelle che sono le intenzioni del regista. Il tono epico che si respira ne I dieci comandamenti e che avvolge tutto il film grazie anche alle interpretazioni magistrali di Charlton Heston (Mosè) e Yul Brynner (Ramses), viene qui completamente stravolto: tutto, infatti, ruota intorno al realismo e all’umanizzazione dei protagonisti Christian Bale (Mosè) e Joel Edgerton (Ramses).

Il film racconta la storia che tutti conoscono: i due - il primo raccolto dalla acque del Nilo da una principessa, il secondo l'erede al trono d’Egitto - da bambini vengono cresciuti come fratelli dal Faraone Seti, ma da grandi diventano acerrimi rivali. Mosè, salvando in battaglia la vita di Ramses, fa avverare la profezia: colui che avrebbe salvato l’altro sarebbe stato destinato a guidare il suo popolo. Il principe, insicuro e geloso, entra così in una spirale di rabbia e frustrazione che, dopo la morte di Seti, porta all’esilio di Mosè per le sue origini ebraiche. Abbandonato nel deserto, la futura guida d'Israele giunge al Mar Rosso, ma la serenità recuperata grazie alla pastorizia e all'amore viene nuovamente presto interrotta: un dio bambino, spietato e vendicativo, lo richiama al suo dovere e, spingendolo ad un confronto senza esclusione di colpi contro il suo fratellastro egiziano, lo guida verso la liberazione del suo popolo. Il Faraone, colpito negli affetti più cari dall’ultima piaga, cercherà allora una resa dei conti definitiva che, però, lo condurrà all'estrema rovina sul fondo del Mar Rosso.

Come già detto, il film ruota intorno alla caratterizzazione dei protagonisti, dando ad entrambi un forte connotato psicologico che viene evidenziato dalla gelosia e dall’atteggiamento quasi puerile del faraone, dal legame inscindibile di odio e amore che lega i due fratelli anche dopo i disastri, le piaghe ed i lutti, e dal senso di appartenenza di Mosè che si sente egiziano anche dopo aver saputo le sue vere origini. Christian Bale dà una grande prova interpretativa regalando al pubblico la trasformazione fisica e psicologica del suo personaggio: il Mosè egiziano, fisico e prestante come il gladiatore di Russel Crowe, diventa pian piano il Mosè visionario, un uomo provato dagli eventi e combattuto internamente. 

Dal punto di vista tecnico, la pellicola offre senza dubbio un’esperienza visiva impressionante grazie ad una fotografia sensazionale e ad effetti speciali straordinari (due esempi fra tutti sono lo scatenarsi delle piaghe e la separazione delle acque del Mar Rosso), ma non convince e suscita controversie per il suo approccio alla parte religiosa della narrazione, che compare solo a metà del film quando Mosè,  inseguendo delle capre sul monte Sinai, cade e, battendo la testa, "incontra" per la prima volta dio alla luce del roveto ardente. Ma, attenzione!, niente voce grossa, niente barba bianca: dio, l'abbiamo accennato sopra, è un bambino di dieci anni che parla e si comporta come tale, dalla prima all'ultima apparizione. Da questo punto segue la canonica narrazione biblica, dove il regista cerca di fornire una motivazione plausibile ad ogni manifestazione del divino: il dottore della corte egiziana dà una sua interpretazione razionale sulle possibili cause delle piaghe, il passaggio attraverso il Mar Rosso risulta soltanto la conseguenza di uno sconvolgimento naturale ed il dialogo di Mosè con Dio, agli occhi di un suo seguace, non è altro che un soliloquio. 

Ridley Scott ci lascia la facoltà di scegliere: si tratta di dei, dei e re o semplicemente uomini?


domenica 11 gennaio 2015

"Minuscule – La valle delle formiche perdute": un’avventura epica e una profonda amicizia.

di Silvia Sottile

Minuscule - La valle delle formiche perdute nasce da una serie prodotta da Futurikon per la tv francese: gli episodi, di pochi minuti, sono stati trasmessi in tutto il mondo, anche in Italia da Rai yoyo. Gli stessi autori, Hélène Giraud e Thomas Szabo, hanno scritto e diretto questo lungometraggio, che sarà nei nostri cinema a partire dal 22 gennaio, utilizzando la medesima tecnica di animazione: paesaggio reale (i meravigliosi parchi nazionali del Mercantour e des Ecrins) e personaggi, ovvero gli insetti, creati e animati con la computer grafica.
 
Una particolarità, sia della serie che del film, è quella dell’assenza di dialoghi, ma se da una parte può non essere un problema per i pochi intensi minuti degli episodi televisivi, potrebbe invece esserlo per un'intera pellicola di un'ora e mezza, che sembra quasi voler ripercorrere la gloriosa strada del cinema muto francese. Come dare il ritmo? Come narrare la storia? In realtà i suoni ci sono e scandiscono azioni e avvenimenti: sono quelli della natura, i versi degli insetti che abitano questo mondo e soprattutto le musiche a cui è affidato il compito di raccontare la storia e trasmettere le emozioni in maniera chiara anche per i più piccoli.

La trama è semplice ma resa avvincente dalle immagini, dal montaggio e dalla colonna sonora, molto intensa. Dopo un pic-nic abbandonato frettolosamente, formiche nere e formiche rosse si contendono un ricco bottino: una scatola di zollette di zucchero. Protagonista è una piccola coccinella che stringe amicizia con una formica nera e si ritrova coinvolta in questa battaglia per aiutare la colonia delle formiche nere a difendere il formicaio dalle crudeli e temibili formiche rosse, in un’avventura  epica quasi come un Signore degli anelli ambientato nel mondo negli insetti. 
I rimandi alle pellicole di Peter Jackson sono parecchi ed evidenti, in particolare nella battaglia del formicaio che ricorda molto quella di Minas Tirith. Le formiche rosse sembrano una marea di piccoli orchi che attaccano catapultando sassi, matite e forchette diventano frecce, fuochi d’artificio si trasformano in pericolosi razzi e le aspirine servono a difendere il fossato. Ma in fondo è la storia di una coccinella che , nonostante sia piccola, può fare grandi cose, soprattutto in nome dell’amicizia.
La pellicola tratta anche il tema dell’inquinamento: resti di cibo, matite, medicine, forchette, fiammiferi,  insetticidi, lattine arrugginite non sono altro che l’immondizia che noi esseri umani abbandoniamo nell’ambiente.

Numerosi i riferimenti cinematografici, da Star Wars a Psyco, che naturalmente saranno colti, con un pizzico di ironia, solo dal pubblico adulto. Merita di essere menzionata anche l’appassionante scena dell’inseguimento con la coccinella e le mosche, un cult della serie tv che piace sempre tanto ai bambini. Si tratta di un omaggio ai film di Buster Keaton e Charlie Chaplin.

Divertente ed emozionante film per famiglie, consigliato per i più piccoli ma godibile anche per gli adulti.