di Silvia Sottile
È questa la domanda che il poster di Premonitions pone allo spettatore, catapultandolo immediatamente in
un contesto da thriller sovrannaturale. Ma il film del brasiliano Afonso Poyart
va decisamente oltre. Lo stesso titolo italiano è in parte fuorviante, andrebbe
infatti posto l’accento anche su quello originale, Solace, ovvero conforto, sollievo.
L’Agente Speciale dell’FBI Joe Merriwether (Jeffrey Dean
Morgan) si ritrova ad avere a che fare con una serie di inquietanti omicidi che
non riesce a risolvere, decide allora di chiedere aiuto a John Clancy (Anthony
Hopkins), un medico psicanalista, suo ex collaboratore, dotato di capacità
sensitive. Il dottor Clancy, che vive isolato dal mondo dopo la morte per
leucemia della giovanissima figlia, inizialmente non vuole avere niente a che
fare col caso né usare le sue doti, ma cambia idea quando ha delle premonizioni
molto violente su Katherine Cowles (Abbie Cornish), la giovane collega di Joe,
che tanto gli ricorda la figlia. Le sue straordinarie intuizioni lo porteranno
sulle tracce di Charles Ambrose (Colin Farrell), ma si renderà presto conto che
i suoi poteri sono nulla rispetto a quelli eccezionali di questo assassino in
missione.
Per quanto riguarda l’intreccio troviamo una classica
struttura da thriller, che non porta nulla di nuovo nel panorama cinematografico,
a parte forse l’innesto del paranormale. Lo svolgersi della trama è parecchio
prevedibile e scontato, condito da numerosi cliché tipici del genere. Anche le
presunte svolte narrative non incidono, non creano suspense, perché lo
spettatore riesce già ad anticiparle. E dire che inizialmente si era pensato di
rendere questo film un sequel di Seven,
il capolavoro di David Fincher. L’elemento
inaspettato di Premonitions, quasi filosofico, che però a tratti stride nel
contesto in cui è inserito, è un tentativo di riflessione sull’eutanasia. Il serial
killer infatti crede di essere un angelo della morte che uccide i malati
terminali evitandogli anni di sofferenze (non si tratta di uno spoiler dato che
si scopre, anzi viene chiaramente spiegato nella prima parte della pellicola,
benché sia facilmente intuibile sin da subito). Sembra però che questo
importante e delicato tema sia messo lì senza fornire una risposta univoca né
elementi adatti a riflettere o emozionare. Anche dal punto di vista tecnico
emergono numerose pecche: montaggio, fotografia, inquadrature e soprattutto la
regia non aiutano a creare empatia, generando piuttosto confusione, tra
immagini visivamente forti, a volte fuori luogo e scollate tra loro, soprattutto
nelle “visioni”, rese in maniera troppo televisiva quasi come fossero degli
spot pubblicitari.
A salvare Premonitions
(almeno in parte) sono le interpretazioni degli attori, il cast infatti è di
primo
livello. Indubbiamente Sir Anthony Hopkins (premio Oscar per Il silenzio degli innocenti) è ormai
condannato a ruoli di questo genere, nei quali però si trova sempre a suo agio,
tanto da reggere gran parte del film sulle sue spalle. Peccato che il tanto atteso
incontro – scontro tra il suo dottor Clancy e il serial killer Ambrose (un
altrettanto bravo Colin Farrell) avvenga solo nella parte finale della
pellicola, perdendo così una grande occasione: un maggior numero di scene
insieme magari non sarebbe servito a rendere questo film indimenticabile ma
sicuramente l’avrebbe reso più appetibile e incisivo. Sia Morgan che la Cornish
svolgono bene il loro compito risultando abbastanza credibili.
Premonitions, con
tutti i suoi difetti, resta comunque un thriller accettabile , senza grandi
pretese, che potrebbe risultare interessante per gli appassionati del genere. Di
sicuro ci si aspettava molto di più. Dal 12 novembre al cinema.
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