di Silvia Sottile
Per l’omicidio del grande scrittore e regista Pier Paolo
Pasolini, consumatosi ad Ostia nella notte tra l’1 e il 2 novembre del 1975
presso l’Idroscalo, è stato condannato il giovane “ragazzo di vita” Pino
Pelosi. Ma a distanza di oltre 40 anni da quel delitto sono ancora molti i
punti oscuri e i misteri che circondano questa vicenda. Il regista David Grieco, che ha recitato in Teorema ed era
divenuto giornalista di fiducia e amico dello stesso Pasolini, prova a
ricostruire la realtà dei fatti, basandosi sulle testimonianze emerse nel corso
degli anni e sulle migliaia di pagine dei verbali d’inchiesta. Se dal punto di
vista giudiziario nulla è stato ancora provato, la credibilità dell’ipotesi del
complotto e la verosimiglianza di quanto portato sullo schermo da Grieco non
possono essere messe in dubbio. Alla luce delle ultime dichiarazioni dello
stesso Pelosi e di prove effettivamente verificate, potrebbe davvero trattarsi
di ciò che realmente accadde. Di certo Pelosi non era solo e non si trattava di
un incontro occasionale: la sua relazione con il controverso intellettuale
durava da alcuni mesi. Molti altri ragazzi di borgata erano presenti quella
notte all’Idroscalo, riconducibili a quella malavita romana poi divenuta nota
come la Banda della Magliana. E dietro c’erano poteri molto più forti: non
dimentichiamoci che si tratta di un periodo buio della storia italiana, fatto
di collusione tra stato e mafia, attentati terroristici, stragi e complotti,
spesso coperti da qualcuno nelle alte sfere.
La Macchinazione ricostruisce
proprio gli ultimi tre mesi di vita di Pier Paolo Pasolini (interpretato da un
somigliantissimo Massimo Ranieri, a cui bastano solo un paio d’occhiali per
trasformarsi): il furto del negativo di Salò
o le 120 giornate di Sodoma (film che stava ultimando al montaggio), il suo rapporto con Pino Pelosi (l’esordiente
Alessandro Sardelli), il legame con la madre (Milena Vukotic) e soprattutto
l’ultimo romanzo incompiuto, Petrolio,
sul quale stava lavorando in maniera ossessiva, toccando gli interessi di
qualcuno molto potente che non si fece scrupoli ad eliminarlo con l’aiuto della
criminalità locale. Di cosa (o meglio, di chi) parlava Petrolio? Di Eugenio Cefis (presumibilmente mandante dell’attentato
in cui perse la vita Enrico Mattei), presidente dell’Eni e poi della
Montedison, ma anche il fondatore della loggia massonica deviata nota come P2.
Dal punto di vista giornalistico l’intento di Grieco è
nobile. L’atmosfera è quella di un thriller d’inchiesta in cui si cerca di
ricostruire con precisione la realtà dei fatti. Ed è sempre un bene ricordare
una pagina buia della nostra storia, scavare per ottenere la verità nella
speranza che simili macchinazioni non accadano più. Dal punto di vista cinematografico, purtroppo, i difetti dell’opera sono tanti ed inficiano un film che avrebbe potuto
avere un’elevata risonanza osando di più. Massimo Ranieri è impeccabile, la sua
evidente somiglianza con Pasolini lo rende perfetto per la parte, ottima anche
l’interpretazione di Libero De Rienzo (Antonio Pinna, meccanico legato alla
Banda della Magliana, proprietario di un’auto identica a quella di Pasolini:
quale delle due passò sul corpo del regista, uccidendolo?) mentre il resto del
cast soffre la poca esperienza o il poco spazio concesso. Alcune scelte
registiche non convincono, sembrano più tecnicismi fini a se stessi di stampo
televisivo che non espedienti d’aiuto alla narrazione. Oltretutto la trama
risulta troppo costruita, farraginosa, i collegamenti a tratti forzati e si fatica
a mantenere desta l’attenzione per gran parte del film, che manca di qualcosa
che possa renderlo coinvolgente.
A salvare la pellicola dalla noia c’è il
montaggio dinamico della parte finale, decisamente la migliore (proprio quella
relativa all’omicidio), che riesce ad essere avvincente e a trasmettere emozioni. Segnaliamo anche le
musiche dei Pink Floyd, i costumi di Nicoletta Taranta (Romanzo Criminale) e la fotografia di Fabio Zamarion (La migliore Offerta).
La Macchinazione,
nelle nostre sale dal 24 marzo, è in parte un’occasione mancata ma resta un
valido tentativo di offrire una nuova e lucida ricostruzione del delitto
Pasolini.
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