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martedì 9 giugno 2015

“Io, Arlecchino”: la riscoperta della Commedia dell’Arte

di Silvia Sottile

L’attore Giorgio Pasotti, noto al grande pubblico per i suoi ruoli in film e fiction televisive di successo, passa dietro la macchina da presa per dirigere a quattro mani, insieme a Matteo Bini, Io, Arlecchino. Per il loro debutto i due registi bergamaschi scelgono di attingere alla propria tradizione culturale portando sul grande schermo il personaggio di Arlecchino, maschera bergamasca della Commedia dell’Arte.

Paolo (Giorgio Pasotti), noto conduttore di un talk show televisivo pomeridiano, viene raggiunto a Roma da una telefonata: suo padre Giovanni (Roberto Herlitzka) è ricoverato in ospedale. Costretto a tornare nel piccolo villaggio medievale in provincia di Bergamo, Paolo scopre che il padre è gravemente malato. Giovanni, ex attore teatrale e famoso Arlecchino, vuole spendere gli ultimi mesi della sua vita continuando a recitare con la piccola compagnia teatrale del paese, mettendo in scena spettacoli della Commedia dell’Arte. Il ritorno al paese porterà Paolo a ricucire il rapporto col padre e con le sue origini, a ridefinire la sua identità, a riflettere su cosa vuole davvero dalla vita e a riscoprire il tesoro artistico del personaggio di Arlecchino, del quale si troverà a vestire i panni.

Si tratta di una commedia con venature drammatiche, dai toni delicati, che seguendo una trama semplice e lineare porta a commuoversi, sorridere e sicuramente riflettere sul valore dei legami familiari e con il proprio territorio. Il personaggio di Arlecchino con i “suoi guizzi, salti e lazzi” può essere visto come una metafora dell’uomo contemporaneo che recupera il suo passato e guarda al futuro con la sua tipica capacità di arrangiarsi e reinventarsi con forza, vitalità ed energia. Nel film possiamo infatti osservare quasi un passaggio di testimone tra padre e figlio. Paolo, riabbracciando l’importanza dei valori tradizionali e dei veri affetti si trova dunque a dover scegliere tra il freddo mondo televisivo della capitale o quello caldo e accogliente, semplice e vitale di una cittadina di provincia lontana dalla falsità della tv, grazie anche alla genuinità del teatro. Il contrasto forse è un po’ troppo marcato ma il film scorre piacevolmente, in maniera armoniosa, quasi come una favola moderna, con una regia pulita che ha l’intelligenza di non strafare, aiutata da bei paesaggi e musiche azzeccate.

Grande merito all’aspetto teatrale della sceneggiatura, all’abilità dei registi, sebbene alla loro prima esperienza (decisamente promossi), e soprattutto alla scelta del cast: Pasotti rende bene il tormento di un uomo alla riscoperta di se stesso; a  Lunetta Savino e Gianni Ferreri (nei panni di una coppia di attori teatrali amatoriali) è affidato l’elemento comico, con qualche battuta allegra e divertente che serve ad alleggerire l’atmosfera e a sdrammatizzare i toni. Ma quella che senza dubbio si è rivelata vincente è stata la decisione di affidare il ruolo di Giovanni  allo straordinario Roberto Herlitzka, capace di trascinare il film con la sua bravura nell’interpretare un anziano Arlecchino in fin di vita ma ancora pieno di vitalità. 

Io, Arlecchino, film delicato e a tratti commovente, sarà nelle nostre sale dall’11 giugno.

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