di Silvia Sottile
Il regista premio Oscar Giuseppe Tornatore (Nuovo Cinema Paradiso), tre anni dopo La migliore offerta, torna a raccontare e sondare l’amore, con risultati
questa volta non all’altezza del suo precedente lavoro.
Amy Ryan (Olga Kurylenko) è una giovane studentessa
universitaria che lavora come controfigura per il cinema, in particolare ama le
scene d’azione, trovando quasi catartico morire innumerevoli volte nella finzione
per poi riaprire gli occhi dopo ogni morte. Ha una relazione da sei anni col
suo professore di astrofisica, Ed Phoerum (Jeremy Irons), molto più grande di
lei, sposato e con figli. Tra i due ci sono solo pochi incontri, ma innumerevoli modi per
tenersi in contatto a distanza, grazie alle nuove tecnologie, a partire da
conversazioni via Skype. Un giorno Ed scompare nel nulla, eppure Amy continua a
ricevere mail, messaggi, lettere, regali e video in ogni istante della
giornata. Cosa è realmente accaduto?
Tornatore esplora una grande storia d’amore attraverso lo
schermo di un computer (o di un cellulare), infatti Irons e la Kurylenko sono
in scena insieme solo una volta. Dopo, lei è sempre presente mentre lui è
relegato ai videomessaggi inviati incessantemente alla sua amata. Quasi un non
voler lasciare andare un grande amore, rinviando il più possibile l’inevitabile
destino. Gioia o tormento infinito per
la bella Olga mantenere un contatto impossibile con l’affascinante Ed? Di certo
c’è che lo spettatore si annoia quasi subito a causa di dialoghi melensi, struggenti
dichiarazioni d’amore, toni enfatici e retorici e le due ore di film scorrono
con una lentezza a dir poco estenuante. Non aiutano neanche le musiche fin
troppo sontuose del Maestro Ennio Morricone, collaboratore storico del regista
siciliano e fresco vincitore del Golden Globe per la colonna sonora di The Hateful Eight di Quentin Tarantino.
La trama è ridotta all’osso, divenendo via via sempre più surreale, tutto si
basa sulle emozioni, esagerate, eccessivamente drammatizzate, enfatizzate
ulteriormente dalle ridondanti note quasi barocche e da un doppiaggio
incredibilmente scollato. Le situazioni ripetitive e le frasi sdolcinate
diventano insopportabili, così come il suono continuo dello smartphone della
protagonista. Per assurdo ci troviamo di fronte ad un racconto d’altri tempi,
una storia d’amore all’antica, nonostante l’uso smodato della comunicazione
moderna mediata dalla tecnologia.
Non è un thriller La Corrispondenza ma un melodramma dal ritmo troppo lento. Oltretutto
il colpo di scena più importante avviene
circa mezz’ora dopo l’inizio e il resto perde credibilità strada facendo. Gli
interpreti ce la mettono tutta: Olga Kurylenko cerca di tenere la scena per
tutta la durata del film, rivelandosi intensa oltre che straordinariamente
bella, poco può invece il premio Oscar Jeremy Irons (Il mistero Von Bulow) relegato in un piccolo schermo. Stupisce
questa scelta di Tornatore e dispiace davvero molto dover ammettere che questa
volta non è riuscito nel suo intento di regalare un altro meraviglioso
capolavoro del calibro dei precedenti. E in ogni caso il tema centrale de La corrispondenza non è neanche nuovo
nel panorama cinematografico, dato che ricorda davvero molto P. S. I love you di Richard LaGravenese
(tratto dall’omonimo romanzo di Cecilia Ahern) con la differenza che lì c’era
anche spazio anche per momenti più leggeri e ironici, mentre qui la pesantezza
dei toni melodrammatici non lascia scampo e purtroppo la noia incombe. A farne
le spese sono proprio le emozioni che faticano ad arrivare allo spettatore e la
trama non riesce a coinvolgere.
Molto belle però le location scelte, ovvero l’Inghilterra e la Scozia (riconosciamo la romantica
York ed Edimburgo) ma anche il Trentino Alto Adige ed il Piemonte, con la
meravigliosa Isola di San Giulio sul Lago d’Orta che ha un ruolo di primo piano
ai fini della narrazione, oltre ad essere di una bellezza mozzafiato a livello
paesaggistico.
La Corrispondenza
è nelle nostre sale dal 14 gennaio in circa 400 copie.
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