Parliamo di...

martedì 13 ottobre 2015

"Woman in gold" e la memoria storica dell'Europa

di MsLillaRoma

Una distinta signora americana di nascita austriaca, Maria Bloch-Bauer sposata Altmann, affronta il proprio passato e quello del suo paese di origine chiedendo la restituzione di cinque preziosi dipinti illegittimamente sottratti alla sua fa

miglia ebrea dai conquistatori tedeschi con il beneplacito austriaco. 
Una storia vera attraverso cui lo spettatore è gradevolmente accompagnato dalla regia delicata di Simon Curtis (Marilyn) e dalla bravura di una impeccabile ed ironica Dame Helen Mirren (Premio Oscar per The Queen) e da Ryan Reynolds nel ruolo del giovane ed inesperto avvocato di origini austriache che aiuta Maria Altmann. La sinergia tra i due attori di questa coppia inusuale è palpabile come suggerisce il regista Simon Curtis in sede di conferenza stampa a Roma: «Aver messo insieme Helen Mirren - che desideravo dirigere da molto tempo - con Ryan Reynolds è stato fantastico perché lo spirito, il calore e l'umorismo che si sente nel film sono frutto della loro alchimia: sebbene non si fossero mai incontrati prima, hanno immediatamente lavorato bene insieme aggiungendo molto di loro stessi in ogni scena; per me, come regista, è stato eccezionale».

In questo film, come in Marilyn, anche i ruoli minori sono affidati ad attori di alto livello e la rappresentazione complessiva ne guadagna notevolmente: Katie Holmes è la moglie dell'avvocato Reynolds, Daniel Bruhl è il giornalista che aiuta concretamente i due austro-americani. Straordinari sono i caratteristi che interpretano la famiglia austriaca tra cui spicca la giovane Maria interpretata da Tatiana Maslany alla grande prova per l'inevitabile confronto con la meravigliosa Mirren.

La storia si svolge nel presente degli anni novanta con flashback degli anni trenta caratterizzati da una imponente ricostruzione scenografica, tra cui l'incantevole appartamento dei Bloch-Bauer. È un film in cui passato e presente si incontrano mettendo in contrapposizione la vecchia Europa con Vienna ed il nuovo mondo con Los Angeles, nuova patria di Maria, confronto sapientemente mediato dalle scelte linguistiche. I flashback riportano al periodo antecedente la seconda guerra mondiale quando l'Austria fu annessa alla Germania e il partito nazista prese il controllo del paese distruggendo la comunità ebraica, che occupava ampi spazi della società benestante ed era culturalmente elevata. La famiglia Bloch-Bauer era, per l’appunto, colta e benestante: il padre musicista, lo zio collezionista d'opere d'arte e mecenate, la zia musa di Gustav Klimt che la dipinse nel capolavoro “Ritratto di Adele Bloch-Bauer”, opera nota per molti anni come "La donna in oro" (da qui il titolo Woman in Gold) per celare sia l'illegale appropriazione dell'opera che il legame con i veri proprietari ebrei.

Questa pellicola rappresenta una memoria storica in cui pesa la resistenza dei paesi europei di fare mea culpa e risarcire le vittime di ingiustizie peraltro dimostrate e ben documentate. In ultimo, in ogni caso, saranno tre giudici austriaci a deliberare sulla questione, una scelta saggia. Le opere di Klimt sono ad oggi esposte al pubblico presso la Neue Galerie di New York.

La memoria di ieri mostra l'umanità al presente. E sul valore del ricordare, la Signora Mirren rimarca, sempre in sede di conferenza stampa, come l'interpretare Maria le abbia permesso di «tornare all'epoca dei miei genitori, un periodo buio di storia che continua ad apparire incomprensibile nonostante la realtà attuale ci mostri la situazione dei profughi siriani o quello che è successo in Rwanda o tra la Serbia e la Croazia. Poichè questi eventi non sembrano avere una fine, allora fare un film su questo è importante per ricordare».

In sala dal 15 ottobre.

Nessun commento:

Posta un commento