di Luca Cardarelli
Premessa: la versione del nuovo
film di Lars Von Trier arrivata in Italia è stata censurata in maniera alquanto
sostanziosa, per un totale di 90 minuti di pellicola eliminati tra volume I e
II.
Presentato al Festival di Berlino lo scorso febbraio, Nymphomaniac
rappresenta l'essenza della follia visionaria nonchè della depressione cronica
che pare attanagliare l'autore di opere quali Melancholia, AntiChrist e Dogville. Un film diviso, gioco forza, in
due volumi da due ore l'uno, alla Kill Bill, per intenderci, il
primo dei quali uscirà il 3 aprile.
Durante le prime due ore assistiamo a 5 capitoli della vita di Joe (Charlotte Gainsbourg al presente, Stacy Martin da giovane), donna con evidenti problemi mentali,
che viene trovata a terra in un vicolo di città con il viso tumefatto da un gentile ed anziano signore (Stellan Skarsgard) il quale la
soccorre e la porta a casa con sè per offrirle ristoro. Il tutto avviene nei
modi e nei tempi "classici" cui Von Trier ci ha abituati: molto,
molto lentamente, quasi al rallentatore.
Il modus narrativo del regista danese
per questa sua ultima, scandalosa creazione vede l'incedere per parallelismi:
l'anziano e la donna conversano uno parlando di pesca con la mosca e l'altra
raccontando le sue esperienze sessuali iniziate in giovanissima età. E andando
avanti con il racconto la pesca si trasforma in etologia, poi in matematica e
ancora successivamente in musica. Una sorta di "quadrivio" parallelo
alle fantasie sessuali raccontate da Joe che l'hanno poi portata a diventare
ciò che è: una ninfomane.
Scene, alcune, che non lasciano molto
all'immaginazione, in cui assistiamo alla "prima volta" di Joe con Jerome
(Shia Leboeuf) alleggerita da Von Trier mediante la visualizzazione di numeri a
grandezza schermo per sottolineare, strappando risate al pubblico, quante volte
costui l'abbia penetrata davanti e dietro. Von trier ricorre spesso a questi
stratagemmi per alleviare un po' di tensione emotiva che altrimenti rischierebbe di
schiacciare lo spettatore come sotto una pressa da sfasciacarrozze. La depressione è il fil rouge di tutto il film, insieme alla
follia di una ragazza che gareggia con l'amica del cuore a "chi si fa più
uomini sul treno in corsa" (in palio c’è un golosissimo sacchetto di
cioccolatini!) percorrendo le carrozze del convoglio nello stesso modo in cui
dei pescatori camminano sulla riva di un fiume in cerca del punto più pescoso.
Durante le due ore del Volume I, nonostante l’edulcorazione portata dalla severa censura cui è stato sottoposto il film, vediamo di tutto:
fellatio, cunnilingus, amplessi in posizioni canoniche e non. Joe si definisce una persona cattiva che rifiuta
l'amore definendolo il più basso dei sentimenti perchè fondato sulle bugie che due persone si
raccontano per far piacere l'una all'altra: è capace di abbordare in treno uno
sconosciuto che sta tornando dalla moglie, sedurlo e "svuotarlo" in una rapida sessione di sesso orale (viene sottolineato il fatto che l’uomo si stesse "tenendo" da giorni
al preciso scopo di ingravidare la donna), non ha problemi nel far mollare la compagna (Uma Thurman) ed
i 3 figli ad un uomo che potrebbe benissimo essere suo padre ed infine si
permette "attimi di spensieratezza" con il manutentore dell'ospedale
in cui è ricoverato il genitore moribondo (Christian Slater).
Un film
assurdo, non lineare, che alterna le classiche immagini panoramiche di cieli
stellati alla Von Trier a primissimi piani statici e piatti. La colonna sonora
è quasi assente, salvo titoli di testa e di coda animati dall'heavy metal dei
teutonici Rammstein e qualche scena addolcita da Lo Schiaccianoci di
Tchaikovskij, già usato in passato da Stanley Kubrick nel suo ultimo capolavoro Eyes wide shut.
La cosa che più disturba di Nymphomaniac non è tanto la pornografia di alcune scene, ma il
fatto che il continuo autoaccusarsi della donna, consapevole della propria vita
peccaminosa e immorale, sia costantemente bilanciato dall'indulgenza del
vecchio che la giustifica adducendo motivazioni etico-scientifiche (per la
verità un po’ strampalate) e che potremmo definire un “accondiscendente diavolo
tentatore” (il tema satanico, tra l'altro, è molto presente nel film e viene evocato anche attraverso il tritono suonato al pianoforte dalla protagonista).
Per avere un quadro più definito di questo monumentale film a
cavallo tra l'hardcore e il puro porno, contaminato da eccessi di documentarismo
e introspezione psicologica (un vero e proprio pugno nello stomaco), dobbiamo comunque necessariamente
aspettare la visione del Volume II.

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