di Silvia Sottile
Tiramisù è un film
scritto, diretto e interpretato da Fabio De Luigi. L’attore, per il suo esordio
alla regia dopo anni di televisione e cinema, decide di cimentarsi anche nella
stesura del soggetto e di affidarsi il ruolo da protagonista. La commedia, alla
lunga, risente proprio della mancanza di un punto di vista differente e rischia
di stancare.
Antonio Moscati (Fabio De Luigi) è un rappresentante di
materiale sanitario di scarso successo. Gira senza entusiasmo le sale d’attesa
dei medici di base cercando di piazzare bende, garze e cerotti. È sposato con Aurora
(Vittoria Puccini), maestra elementare, donna dolce e tutta d’un pezzo che lo
sostiene amorevolmente. Alla sua frustrazione lavorativa si è aggiunto
ultimamente il timore che la moglie possa essersi stancata di lui. Nella loro
vita bazzicano il cognato Franco (Angelo Duro), cinico, divorziato, che lavora
nel mondo della moda e frequenta modelle (ogni giorno una diversa), e l’amico
Marco (Alberto Farina), eterno depresso per via dei debiti accumulati nella
gestione della sua enoteca “Vini e Vinili” sempre tristemente vuota. Un giorno
Antonio dimentica in uno studio medico un delizioso tiramisù fatto da Aurora (e
destinato alla Caritas) e da quel momento la sua vita cambia: ha inizio una
improbabile scalata al successo professionale e sociale grazie a intrallazzi e
sotterfugi in un ambiente sanitario dove la corruzione dilaga. Tra imprevisti e
situazioni comiche Antonio si troverà disposto a tutto pur di mantenere il suo nuovo
status, fin quando la moglie, per salvarlo,
decide di lasciarlo perché non lo riconosce più. Nel cast anche Giulia
Bevilacqua (Stefania), Bebo Storti (Mannini) e le breve ma simpatica
partecipazione di Pippo Franco (Galbiati) e Orso Maria Guerrini (Hubner).
Il difetto principale della pellicola, probabilmente dovuto
alla mancanza di esperienza del regista, è quello di non essere credibile. Lo
spunto di partenza è anche interessante e si discosta dall’aspettativa di un
film basato solo su esilaranti gag comiche, così come non guasta l’idea di dare
un pizzico di amarezza se solo ci si spinge a riflettere sui paradossali esempi
di malasanità che purtroppo a volte si rivelano fin troppo reali. Il problema,
invece, è soprattutto in fase di scrittura ma anche a livello di regia e
montaggio: la trama non regge. Pur nella sua semplicità il film si presenta
banale, scollegato, con buchi di sceneggiatura, svolte narrative inspiegabili e
alcune sotto-trame del tutto insensate e inutili.
L’impressione oltretutto è
che De Luigi sia rimasto ancora troppo legato a personaggi, caratterizzazioni,
sketch e linguaggio propri del mezzo televisivo (che evidentemente non vanno
bene per il grande schermo). Gli va dato merito di aver realizzato una commedia
pulita che non presta il fianco alla facile risata scaturita da volgarità, ma
in compenso tutto il film è infarcito dei soliti cliché e i personaggi paiono
piatti e stereotipati. Fabio De Luigi è praticamente sempre in scena e fa il
possibile (sia con serietà che con umorismo) per provare a dare un senso alla
sua trama poco credibile. Vittoria Puccini, equilibrata, misurata, solida,
offre un’ottima prova, è sempre in parte (a confermare il detto che “dietro un
grande uomo c’è sempre una grande donna”) anche se forse poteva essere più
valorizzata. Si rivela invece poco adatta la scelta di Angelo Duro (il suo
odioso personaggio ha un forte accento siciliano non spiegabile nell’economia del
film), mentre Pippo Franco e Orso Maria Guerrini regalano due gustosi
personaggi che se avessero avuto più spazio avrebbero davvero giovato molto al
film.
Tiramisù, con i
suoi (pochi) pregi e i suoi (molti) difetti, sarà nelle nostre sale dal 25
febbraio.
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