di Silvia Sottile
Il regista Tonino Zangardi porta sul grande schermo il
romanzo da lui stesso scritto e pubblicato alcuni mesi fa da Imprimatur (RCS).
In sede di conferenza stampa Zangardi ci rivela di aver preso spunto da un
articolo di cronaca nera, ovvero il caso di una donna che (sul punto di essere
uccisa) pugnala a morte il marito.
L’esigenza di unirmi
ogni volta con te è dunque in primo luogo un dramma passionale, un tentato “femminicidio”
che finisce, seppur all’opposto, comunque in maniera tragica; ma è anche un
thriller che nella seconda parte della pellicola si sviluppa on the road e
naturalmente, come si può ben immaginare, ci sono scene bollenti, piuttosto
esplicite, ad alto tasso erotico.
Giuliana (Claudia Gerini) conduce una vita normale – piuttosto
anonima – in provincia: fa la cassiera in un supermercato, è sposata con Martino
(Marc Duret), uomo poco passionale e molto preso dal lavoro (è il “mago del
fotovoltaico”). Un giorno due malviventi tentano una rapina nel supermercato
dove Giuliana lavora e lei viene salvata in extremis da Leonardo (Marco Bocci),
un affascinante poliziotto che ha i suoi problemi alle spalle (ancora
traumatizzato dal tradimento dell’ex-moglie, trovata a letto con suo fratello).
Nonostante il tentativo di resistere all’attrazione reciproca, tra i due nasce
una passione irrefrenabile che li porta inevitabilmente l’uno nelle braccia
dell’altra, fino a compiere scelte estreme pur di rimanere insieme. Questo
amore ci viene presentato più come una passione fisica, necessaria
(“l’esigenza” del titolo, appunto), che spinge Giuliana a confessare il
tradimento al marito, e poi a colpirlo per legittima difesa, dopo la sua
violenta reazione. Da lì la fuga con Leonardo, via dal passato, via dal piccolo
paese del Sud, attraverso strade e campi di girasoli, ma davvero l’amore vince
su tutto? Non sempre, anche perché è impossibile sfuggire ai sensi di colpa.
Questa passione tormentata, condita da parecchie scene di
sesso, manca però di quel pathos, quella sensualità che l’avrebbero fatta
sentire più vera: magari sarebbe stato auspicabile far vedere di meno ma far “sentire” di più a livello
emotivo. Oltretutto la sceneggiatura si rivela piatta,
a tratti priva di senso logico e quindi ne risente la credibilità nel suo insieme.
Un film d’autore (come questo aspira ad essere) necessita anche del
fondamentale supporto da parte degli attori. Da questo punto di vista la Gerini
si rivela molto brava a misurarsi con un ruolo diverso da quelli in cui
l’abbiamo vista solitamente e si mette in gioco dando tutta se stessa, ma non può
reggere tutto sulle sue spalle. Discreta la prestazione di Bocci (siamo ormai
abituati a vederlo nei panni di un esponente delle forze dell’ordine). Invece
stona parecchio Marc Duret, completamente fuori parte, tanto da essere
involontariamente comico nella scena più tragica della pellicola.
A risollevare un andamento spesso pesante e noioso ci pensano
i meravigliosi paesaggi pugliesi (primo fra tutti il mare, ma anche la campagna
e i campi di girasoli) con quei colori vivi che ti entrano dentro; e poi ci
sono le coinvolgenti musiche dei Mammooth (alla seconda collaborazione con il
regista romano dopo il successo di Sandrine
nella pioggia) che ben si sposano con l’esplosione di sentimenti narrati e
vissuti sullo schermo.
In fin dei conti L’esigenza
di unirmi ogni volta con te, nelle nostre sale dal 24 settembre, non lascia
indifferenti e spinge a riflettere sulle nostre esistenze. Peccato per i
difetti che lo rendono un po’ un’occasione mancata.
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