di Silvia Sottile
Il regista Michele Placido non ha evidentemente un buon
rapporto con Pirandello, almeno per quel che riguarda la sua trasposizione sul
grande schermo. Difatti è la seconda volta che si ispira allo scrittore siciliano
e nella precedente occasione (Ovunque
sei) venne fischiato al Festival del Cinema di Venezia. Questa volta Placido
prende spunto dalla commedia drammatica L’innesto
scritta da Luigi Pirandello nel 1919. In effetti non è nelle sue corde
neanche il genere drammatico/sentimentale: il tono del film appare
eccessivamente pesante senza però andare nella profondità del dramma.
Laura (Ambra Angiolini) e Giorgio (Raoul Bova) sono una
coppia all’apparenza normale e felice, lui gestisce un’enoteca, lei insegna
canto ai bambini. Sono molto innamorati e desiderano tanto avere un figlio che
però non arriva. Un giorno Laura subisce violenza e poco dopo scopre di essere
incinta. Lei vuole a tutti i costi tenere il suo bambino, anche se potrebbe
essere dello stupratore. Il marito non riesce inizialmente ad accettare questa
decisione, sentendosi ferito. Riuscirà il loro amore ad affrontare e superare un
evento così traumatico ed una scelta di tale portata?
Da quel momento il film scorre solo sulla psicologia di
Laura e Giorgio e si sviluppa sull’evoluzione del loro pensiero nell’affrontare
il dramma e la conseguente scelta d’amore, senza però renderli credibili e
senza dare allo spettatore emozioni, empatia e neanche possibilità di
comprensione. Si ha addirittura l’impressione di trovarsi di fronte ad
atteggiamenti contraddittori e surreali. I protagonisti vorrebbero essere
intensi ma si ritrovano spaesati, in un girare intorno senza senso con pochi
dialoghi e parole campate in aria. Si vede che Bova e la Angiolini ci hanno
messo davvero molto impegno, ma non basta: risultano comunque fuori luogo, non
tanto per l’ interpretazione quanto per il contesto. Demerito da non imputare dunque
esclusivamente a loro ma all’impostazione registica, alla sceneggiatura e anche
al montaggio: tutto stona.
Non aiutano i personaggi di contorno, quasi inesistenti,
a volte slegati dalla trama e con loro storie già di per sé molto particolari.
Francesca (Valeria Solarino) è la sorella di Laura, convive alla luce del sole con
due uomini, in un vero e proprio ménage a
trois: il marito (nonché padre delle sue due bambine) e l’amante. Poi c’è il maresciallo dei carabinieri che
trova Laura dopo la violenza e la riaccompagna a casa, interpretato dallo
stesso Michele Placido.
Senza dubbio la scelta del regista di portare al cinema L’innesto di Pirandello, che all’epoca
fece molto scalpore, si rivela coraggiosa, come a voler dire che le dinamiche in
fondo non sono poi molto cambiate e purtroppo molti casi di cronaca nera che
leggiamo sui giornali lo dimostrano. Ma si tratta di una scelta anche molto
anacronistica a nostro avviso. Non convince soprattutto la decisione di
ambientarlo ai giorni nostri senza però assolutamente contestualizzarlo: stride
difatti l’atteggiamento molto antico con la nostra mentalità moderna. Perché non attualizzare tutto il testo oppure realizzare un
film in costume ambientato un secolo fa? Anche l’aspetto fin troppo teatrale
non si sposa bene con il grande schermo,
facendo a tratti sembrare finta la storia.
Cosa salvare de La
scelta (al cinema dal 2 Aprile)? Forse le musiche di Luca D’Alberto che - sebbene
un po’ martellanti - accompagnano le emozioni dei due protagonisti meglio di
tutto il resto.
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