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venerdì 11 novembre 2016

“Fai bei sogni”: Bellocchio porta sul grande schermo il best seller di Gramellini


di Silvia Sottile


Presentato al Festival di Cannes alla Quinzaine des Réalisateurs, Fai bei sogni è liberamente ispirato all’omonimo romanzo autobiografico di Massimo Gramellini (pubblicato da Longanesi), enorme successo letterario (e commerciale) del 2012. 


Il regista Marco Bellocchio sceglie di mantenersi piuttosto fedele alla storia narrata, modificando giusto ciò che serve necessariamente alla trasposizione dalla carta stampata al mezzo cinematografico. Dettagli comunque non così tanto marginali che chi ha letto il romanzo non può non notare, così come salta subito agli occhi una differenza (non solo fisica ma anche caratteriale) del protagonista  nel passaggio dal libro al film.


Massimo (Nicolò Cabras da bambino, Dario Delpero da adolescente e Valerio Mastandrea da adulto) perde l’amatissima madre (Barbara Ronchi) in tenera età, quando aveva solo  9 anni. Crescendo con questo vuoto dentro, con la mancanza della figura più importante in assoluto e con l’alone di mistero che circonda questa scomparsa (le cui circostanze si disveleranno solo nel finale), sviluppa una forma di difesa chiudendosi ai sentimenti per proteggersi dall’angosciante sensazione di assenza con cui è costretto a convivere. Intanto seguiamo la sua carriera professionale che lo porta a diventare un affermato giornalista di un noto quotidiano nazionale (La Stampa), mentre sul piano personale si va dal rapporto con un padre autoritario e a tratti anaffettivo (Guido Caprino) all’incontro con la dottoressa Elisa (Bérénice Bejo), l’unica persona che fa finalmente scattare qualcosa in lui. Da segnalare la partecipazione straordinaria di Fabrizio Gifuni, Piera Degli Esposti e del Maestro Roberto Herlitzka che, anche solo per un piccolo cameo, lascia il segno.


Partiamo dal presupposto che non è mai facile adattare per il grande schermo un romanzo, specie se di grande successo, come in questo caso. Oltretutto Fai bei sogni è di suo un libro molto difficile da trasporre per immagini, dato il suo carattere introspettivo: affronta, infatti, il percorso emotivo di Massimo, i suoi ricordi e soprattutto la sua difficilissima elaborazione del lutto lunga oltre 30 anni.


Bellocchio costruisce il suo film impostando molto bene i vari piani temporali e i flashback, con una prima parte prettamente riferita al passato e una seconda al presente, pur non essendo poi così netta la suddivisione. E aggiunge anche un tocco quasi gotico dando uno spazio non indifferente alla figura di Belfagor, aiutato in questo dalla cupa fotografia di Daniele Ciprì.  
Mentre le musiche di Carlo Crivelli sottolineano maggiormente i passaggi emozionali tra i momenti felici e gioiosi – come nei ricordi di Massimo bambino con la mamma – e l’angoscia vissuta per tutta la vita dopo il dolore della perdita.


Altra caratteristica interessante della pellicola è la ricostruzione storico-sociale attraverso alcuni momenti salienti (sport, cronaca, programmi televisivi Rai), dell’Italia nel corso di questi trent’anni.


Fai bei sogni è dunque un film struggente, in cui la sofferenza intima del protagonista è espressa con i silenzi e l’impeccabile interpretazione di Mastandrea e Caprino nonché dei giovanissimi Cabras e Delpero.  Quello che invece manca – e che conoscendo il materiale di partenza ci saremmo aspettati – è una maggiore capacità di coinvolgere emotivamente lo spettatore. Sembra quasi che per evitare di cadere nella trappola di una facile commozione, Bellocchio abbia mantenuto i toni leggermente più freddi del previsto.  Inoltre la durata del film (134 minuti) è decisamente eccessiva: la prima parte è caratterizzata da un ritmo lento e prolisso mentre alcune sequenze della seconda metà, per quanto interessanti, risultano superflue ai fini della narrazione, appesantendo l’insieme.



Pur con questi difetti, Fai bei sogni, nelle nostre sale dal 10 novembre, rimane un buon film che delinea un intenso  affresco esistenziale, il cui unico insormontabile problema sta nell’inevitabile confronto con il meraviglioso romanzo di Gramellini.

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