Parliamo di...

domenica 15 maggio 2016

“Il Ministro”: black comedy indipendente

di Silvia Sottile

Ultimamente vanno molto di moda le commedie nere, con repentini cambi di registro, ma c’è anche un’abbondanza di film con un’ambientazione di stampo teatrale, che si svolgono in una sola notte, in un appartamento, intorno a un tavolo. Tanto per fare qualche esempio possiamo citare Il nome del figlio di Francesca Archibugi (remake del francese Cena tra amici) e il fresco trionfatore ai David di Donatello, Perfetti Sconosciuti di Paolo Genovese.  Perché, si sa, durante una cena può davvero succedere di tutto. E se i dialoghi sono ben scritti, la messa in scena può offrire molte opportunità. Questo è anche il caso de Il Ministro, film indipendente scritto (in 10 giorni) e diretto (in sole tre settimane di riprese) da Giorgio Amato, una graffiante black comedy sui vizi italici, in cui alla fine non si salva davvero nessuno.

Franco Lucci (Gianmarco Tognazzi) è un imprenditore sull’orlo della bancarotta. Per salvare la sua società dal fallimento deve a tutti costi ottenere un appalto. Invita così a cena il Ministro Rolando Giardi (Fortunato Cerlino), organizzando insieme al cognato Michele (Edoardo Pesce) quella che sembra la serata perfetta per corromperlo: vini e piatti prelibati, una cospicua tangente e una ragazza disposta ad andare a letto con lui. Il tutto sotto gli occhi di Rita (Alessia Barela), la frustrata (e vegetariana) moglie di Franco, e della domestica Esmeralda (Ira Fronten). Ma se la presunta escort di lusso è una cinese che studia teologia? A causa della ragazza, Zhen (Jun Ichikawa), le cose prendono infatti una piega molto diversa (e ben più drammatica) del previsto.

I toni sono quelli della commedia grottesca ma ne esce fuori un ritratto amaro dell’Italia. Non emerge solo la corruzione dilagante nel mondo della politica e dell’imprenditoria  ma anche (se non soprattutto) quell’atteggiamento tipico di asservimento al potere insito nella nostra natura che traspare dalla bassezza dell’animo umano di tutti i personaggi (maschili e femminili) che popolano il film.

La messa in scena è decisamente di stampo più televisivo che cinematografico, e le musiche anni ’70 di Eugenio Vicedomini sono belle ma troppo martellanti e onnipresenti. Anche i personaggi risultano a tratti stereotipati ma riescono comunque ad emergere e a lasciare il segno grazie alle ottime interpretazioni di tutti i protagonisti, decisamente in parte. Le commedie nere, specie con una grossa componente grottesca, bisogna saperle fare: Il Ministro può vantare una scrittura, una regia e soprattutto un cast all’altezza. Quello che manca è dovuto principalmente ai pochi mezzi a disposizione per questo lavoro e purtroppo si vede. Pecca infatti nelle rifiniture e si perde in alcuni dettagli, che con più tempo a disposizione probabilmente sarebbero stati smussati. A non convincere fino in fondo è il finale, che lascia comunque l’amaro in bocca.

Il regista ci ha rivelato in sede di conferenza stampa di essersi ispirato alla ballata di Fabrizio De Andrè, Il re fa rullare i tamburi, ma anche a I Mostri di Dino Risi, in particolare il primo episodio, L’educazione sentimentale  con Ugo Tognazzi, padre di Gianmarco. Le ambizioni elevate sono in parte giustificate dal risultato: nonostante i difetti e i dubbi espressi, a cui aggiungiamo l’eccessivo maschilismo, Il Ministro si rivela infatti un film decisamente migliore di quanto il trailer facesse presagire. Considerato poi quanto è difficile realizzare un film indipendente in Italia, possiamo apprezzare lo sforzo realizzativo e produttivo di Amato e il coraggio di Europictures che ha creduto nel progetto.

Il Ministro, in sala dal 5 maggio (in sole 20 copie ma ben piazzate nei maggiori circuiti cinematografici, ovvero UCI Cinemas e The Space Cinema) presenta, con i toni della commedia grottesca, una critica sociale tanto forte quanto, purtroppo, assolutamente reale.

Nessun commento:

Posta un commento