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giovedì 20 marzo 2014

"Cinecittà": la dichiarazione d'amore di De Sica

di Emanuela Andreocci

Una proiezione in bianco e nero con De Sica che entra in moto negli studios, la scenografia che si apre, le luci del varietà che si accendono ed ecco che il protagonista della serata fa il suo ingresso sul palcoscenico del Brancaccio, per l'occasione trasformato nel celebre Studio 5.
Come possiamo definire "Cinecittà", in scena al teatro romano fino al 13 Aprile? Un one man show, certamente, ma non solo: le coreografie di Franco Miseria e la regia di Giampiero Solari lo dotano di tutte le caratteristiche del musical di alto livello, mentre la straordinaria orchestra dal vivo disposta su due piani diretta dal Maestro Marco Tiso e gli interventi dei tre attori (Daniela Terreri, Daniele Antonini e Alessio Schiavo), elementi preziosi e fondamentali per far rifiatare il performer principale, lo avvicinano ai Varietà con la V maiuscola che, purtroppo, sembrano essere ormai solo un lontano ricordo nei palinsesti televisivi nostrani. Eccellente anche il corpo di ballo, ma ci sentiamo di fare un piccolo appunto sui costumi: pur non essendo minimamente volgari, quelli delle ballerine lasciano ben poco all'immaginazione e cozzano con l'aria poetica, delicata e di altri tempi che viene evocata durante tutto lo spettacolo.  
Quello che ci offre Christian De Sica (autore insieme a Riccardo Cassini, Marco Mattolini e Giampiero Solari) è, infatti,  uno straordinario e nostalgico tuffo nel passato, un omaggio ad un mondo che ormai non esiste più fatto di protagonisti eccezionali di cui però possiamo (e dobbiamo) ricordarci. 
Lui, il re del cinepanettone, si prende in giro e scherza sulla sua fortuna: conscio della volgarità traboccante nei suoi film dal poco valore ma dai grandi incassi di botteghino, non ha dimenticato le origini del suo amore per il mestiere dell'attore nato quando, da piccolo, accompagnava il padre dentro Cinecittà. 
La voce di  Federico (Fellini?) lo rimprovera per le sue parolacce e gli mostra quello che è il suo regno, un luogo che De sica conosce alla perfezione e dove si sente a casa, un luogo che gli permette di passare da una parte all'altra delle telecamera, di fare provini, di incontrare personaggi, di raccontare e ricordare. 
Attraverso canzoni, balletti e aneddoti, si sciorina in una continua e toccante dichiarazione d'amore: Cinecittà si trasforma in un luogo della memoria dove possono rivivere le emozioni più profonde e i ricordi più intimi, un posto e un momento dove rendere omaggio alla figura del grande Vittorio (che il figlio imita alla perfezione e a cui, col passare degli anni, somiglia sempre di più) e anche a quella di Alberto Sordi, considerato dal protagonista come uno zio. 
"Cinecittà" è uno spettacolo dove sorrisi ed emozioni si fondono alla perfezione, uno spettacolo costruito ad hoc per mostrare e, soprattutto, ricordare le eccellenti caratteristiche di Christian De Sica come cantante, ballerino e intrattenitore (esilaranti, a tal proposito, le molteplici versioni de "Il sabato del villaggio"), uno spettacolo che aspira ai fasti di un glorioso passato (ancora vivo?) e che contemporaneamente strizza l'occhio al presente.

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