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giovedì 15 gennaio 2015

“Exodus - dei e re” o semplicemente uomini?

di Valerio Cassarino

Exodus - dei e re di Ridley Scott (Il gladiatore, Prometheus) porta sul grande schermo il racconto biblico, tratto ovviamente dall’Esodo, di Mosè e della fuga degli ebrei dall’Egitto. Il film in uscita il 15 gennaio, però, fornisce una lettura completamente nuova e diametralmente opposta rispetto all’acclamatissimo predecessore I dieci comandamenti (C. B. DeMille, 1956) a cui lo spettatore, volente o nolente, torna con la memoria. Si parte subito dal confronto perché è fondamentale per comprendere bene lo spirito che anima il film di Scott rispetto al suo antecedente e perché permette di dare una lettura più profonda di quelle che sono le intenzioni del regista. Il tono epico che si respira ne I dieci comandamenti e che avvolge tutto il film grazie anche alle interpretazioni magistrali di Charlton Heston (Mosè) e Yul Brynner (Ramses), viene qui completamente stravolto: tutto, infatti, ruota intorno al realismo e all’umanizzazione dei protagonisti Christian Bale (Mosè) e Joel Edgerton (Ramses).

Il film racconta la storia che tutti conoscono: i due - il primo raccolto dalla acque del Nilo da una principessa, il secondo l'erede al trono d’Egitto - da bambini vengono cresciuti come fratelli dal Faraone Seti, ma da grandi diventano acerrimi rivali. Mosè, salvando in battaglia la vita di Ramses, fa avverare la profezia: colui che avrebbe salvato l’altro sarebbe stato destinato a guidare il suo popolo. Il principe, insicuro e geloso, entra così in una spirale di rabbia e frustrazione che, dopo la morte di Seti, porta all’esilio di Mosè per le sue origini ebraiche. Abbandonato nel deserto, la futura guida d'Israele giunge al Mar Rosso, ma la serenità recuperata grazie alla pastorizia e all'amore viene nuovamente presto interrotta: un dio bambino, spietato e vendicativo, lo richiama al suo dovere e, spingendolo ad un confronto senza esclusione di colpi contro il suo fratellastro egiziano, lo guida verso la liberazione del suo popolo. Il Faraone, colpito negli affetti più cari dall’ultima piaga, cercherà allora una resa dei conti definitiva che, però, lo condurrà all'estrema rovina sul fondo del Mar Rosso.

Come già detto, il film ruota intorno alla caratterizzazione dei protagonisti, dando ad entrambi un forte connotato psicologico che viene evidenziato dalla gelosia e dall’atteggiamento quasi puerile del faraone, dal legame inscindibile di odio e amore che lega i due fratelli anche dopo i disastri, le piaghe ed i lutti, e dal senso di appartenenza di Mosè che si sente egiziano anche dopo aver saputo le sue vere origini. Christian Bale dà una grande prova interpretativa regalando al pubblico la trasformazione fisica e psicologica del suo personaggio: il Mosè egiziano, fisico e prestante come il gladiatore di Russel Crowe, diventa pian piano il Mosè visionario, un uomo provato dagli eventi e combattuto internamente. 

Dal punto di vista tecnico, la pellicola offre senza dubbio un’esperienza visiva impressionante grazie ad una fotografia sensazionale e ad effetti speciali straordinari (due esempi fra tutti sono lo scatenarsi delle piaghe e la separazione delle acque del Mar Rosso), ma non convince e suscita controversie per il suo approccio alla parte religiosa della narrazione, che compare solo a metà del film quando Mosè,  inseguendo delle capre sul monte Sinai, cade e, battendo la testa, "incontra" per la prima volta dio alla luce del roveto ardente. Ma, attenzione!, niente voce grossa, niente barba bianca: dio, l'abbiamo accennato sopra, è un bambino di dieci anni che parla e si comporta come tale, dalla prima all'ultima apparizione. Da questo punto segue la canonica narrazione biblica, dove il regista cerca di fornire una motivazione plausibile ad ogni manifestazione del divino: il dottore della corte egiziana dà una sua interpretazione razionale sulle possibili cause delle piaghe, il passaggio attraverso il Mar Rosso risulta soltanto la conseguenza di uno sconvolgimento naturale ed il dialogo di Mosè con Dio, agli occhi di un suo seguace, non è altro che un soliloquio. 

Ridley Scott ci lascia la facoltà di scegliere: si tratta di dei, dei e re o semplicemente uomini?


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