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mercoledì 12 novembre 2014

"Due giorni e una notte", l’arte del realismo.

di Roberto Caravello


Jean-Pierre e Luc Dardenne firmano la sceneggiatura e la regia di questa pellicola presentata in concorso al 67° Festival di Cannes, dove i due fratelli registi sono di casa: pensiamo infatti a Rosetta, altro film sul tema del lavoro e della pressione sociale, che ha ricevuto la Palma d’oro nell’ormai lontano 1999, e a Il ragazzo con la bicicletta del 2011 premiato col Gran Prix speciale della giuria. La nuova prova cinematografica dei Dardenne non è da meno delle precedenti, anche se ha avuto minor fortuna.

Sandra, moglie di Manu e madre di due figli, rischia di perdere il lavoro dopo essere stata in malattia alcuni mesi causa depressione. Quando, però, parzialmente guarita torna in fabbrica, il suo capo comunica agli altri sedici dipendenti che per poter mantenere il suo stipendio dovrà sospendere a tutti il bonus annuale di mille euro. Viene indetta così una votazione per decidere del destino di Sandra, che avrà a disposizione due giorni per incontrare ad uno ad uno tutti i suoi colleghi e convincerli a rinunciare al bonus per lei.

Questa, in poche parole, è la sinossi di un film davvero sorprendente, che con un inizio un po’ lento e in sordina, riesce pian piano a meritarsi  tutta l’attenzione di cui il pubblico può essere capace.
I registi, aiutati dai due protagonisti Marion Cotillard e Fabrizio Rongione (quest’ultimo presente nella maggior parte dei film dei Dardenne da Rosetta in poi), riescono con semplicità a raccontarci la vita vera, fatta di fragilità inspiegabili (i pianti continui di Sandra), di altrettante ingiustizie e di grazie inattese. Convincente anche il rapporto fra marito e moglie che è tacitamente messo a tema per tutta la pellicola con grande delicatezza e sincerità: ci mostra cosa voglia dire sostenersi a vicenda nel mondo di tutti i giorni, senza però risparmiarsi la verità e la durezza di ciò che ci circonda (e di noi stessi).

La grande sensibilità dei fratelli Dardenne, grazie anche all’occhio fresco e luminoso della fotografia, permette di condurre senza sbavature un plot tutto sommato semplice, quasi scarno, e a tratti davvero lento, senza però annoiare e facendoci sorridere anche delle nostre insicurezze (persino della depressione).

Dal 13 novembre nei cinema di Roma e Milano, dal 20 in tutte le altre sale italiane,

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