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venerdì 30 agosto 2013

"Wolfskinder" - Homo homini lupus

Unione Sovietica, anno 1946. I grandi occhi di Hans ci portano alla scoperta di un mondo duro e crudele, devastato dagli orrori e miserie della guerra. Il fratellino Fritzchen, sebbene più piccolo, sembra essersi già abituato e si muove con apparente disinvoltura, affrontando i problemi, compresa la morte della madre, con tranquillità, praticità ed estremo raziocinio. "Ditemi i vostri nomi": con queste parole la donna in fin di vita esorta i figli a non dimenticare mai le proprie origini, a non tradire mai il proprio io più profondo. La strada verso la fattoria lituana indicata dalla madre è lunga ed il cammino difficile, costellato di incontri e di tristi abbandoni. Altri ragazzini si trovano nella stessa situazione di Hans e Fritzchen, senza famiglia, senza amici, anime tristi e sole che finchè possono si confortano e si fanno forza a vicenda, consapevoli però che la sopravvivenza del singolo è l'unico obiettivo da perseguire senza esitazioni.  Gli adulti che incontrano durante il loro percorso sono emblema di un mondo addirittura peggiore, in cui non si fa niente per niente e nulla è dovuto, neanche un piatto di zucca,  un mondo in cui non è possibile farsi un bagno ristoratore senza la paura che qualcosa, o qualcuno, lo turbi. Nessuna differenza tra gli spietati poliziotti o i fattori senza cuore. In un mondo in cui homo homini lupus, è difficile ricordarsi di essere ancora bambini. In un mondo crudele, che ti cambia, la salvezza è ricordarsi sempre il proprio nome.

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