di Silvia Sottile
A vent’anni di distanza dal suo esordio con Hamam – Il bagno turco e 16 anni dopo Harem Suare, Ferzan Ozpetek torna a
girare un film in Turchia, in un momento storico in cui il suo paese sta
subendo continui e difficili mutamenti. Rosso
Istanbul è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo autobiografico,
dedicato alla madre, scritto dallo stesso Ozpetek e pubblicato nel 2013 da
Mondadori.
La pellicola è interamente ambientata ad Istanbul e
interpretata da attori turchi. Orhan Sahin (Halit Ergenç) torna a Istanbul dopo
20 anni di assenza volontaria per aiutare, in veste di editor, il suo amico
Deniz Soysal (Nejat Isler), famoso regista cinematografico, a completare la
stesura del suo primo romanzo. Ma Deniz scompare e Orhan resta intrappolato in
una città che risveglia in lui dolorosi ricordi, ritrovandosi sempre più
coinvolto nei legami con i familiari e gli amici più intimi di Deniz, tutti
protagonisti del suo libro. In particolare Orhan è affascinato da Neval (Tuba
Büyüküstün) e Yusuf (Mehmet Günsür),
ovvero la donna e l’uomo a cui Deniz è più legato. Orhan si ritrova quindi quasi
prigioniero nella vita di un altro, ma finirà per indagare soprattutto su se
stesso, riscoprendo emozioni e sentimenti che lentamente tornano a galla. Nel
cast anche l’immancabile Serra Yilmaz, attrice simbolo di Ozpetek.
Rosso Istanbul è un film intimo e suggestivo, fatto soprattutto
di sguardi intensi e primi piani. Non è un caso infatti la scelta della
locandina, in cui si focalizza l’attenzione esclusivamente sugli occhi degli
protagonisti. Il racconto, profondamente
intimistico, lascia aperti molti interrogativi, eppure resta dentro. Forse
proprio perché dà modo allo spettatore di riflettere sulla storia e anche su se
stesso.
C’è molto del
regista in questo film (come ci ha confermato lo stesso Ozpetek in conferenza
stampa): il rapporto con sua madre, tanti ricordi della sua infanzia, ma anche
il ritratto di una città in costante cambiamento. Istanbul, con i suoi
meravigliosi paesaggi (il mare del Bosforo in particolare), è infatti protagonista
al pari dei personaggi. I rumori di sottofondo della città fanno da colonna
sonora, riuscendo a trasmettere emozioni ancor più che con le parole. Anche le scenografie sono particolarmente
studiate, con l’inserimento del colore rosso – anche solo un piccolo dettaglio
– in ogni inquadratura. Dal punto di vista tecnico non c’è nulla da eccepire,
grazie a maestranze sia italiane che turche: la splendida fotografia è di Gian
Filippo Corticelli, le musiche di Giuliano Taviani e Carmelo Travia, il
montaggio di Patrizio Marone e la scenografia di Deniz Göktürk.
In realtà gli
avvenimenti politici di Istanbul sono lasciati a margine, si intuiscono da
alcuni sapienti dettagli e ne cogliamo i riflessi attraverso i personaggi: sono
tutti come in attesa e si percepisce in maniera nitida una sensazione di sospensione
che è propria sia dei protagonisti che, in senso più ampio, della città. Del
resto questa è la visione di Ozpetek. Noi vediamo infatti tutti i personaggi attraverso
i suoi occhi e in ognuno di loro, anche in quelli che prendono spunto da persone
realmente esistite, c’è un aspetto dell’autore, il suo vissuto, la sua
personalità.
Rosso Istanbul, nelle nostre sale dal 2 marzo, è un film
che tocca le corde dell’anima, come solo Ozpetek sa fare.
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