di Silvia Sottile
Padri e Figlie
(Fathers and Daughters) è un film americano di Gabriele Muccino. Il regista
romano torna a Hollywood dopo il successo dei due progetti con Will Smith (La ricerca della Felicità e Sette anime ) e il passo falso di Quello che so sull’amore. Con Padri e figlie Muccino ritrova il suo
modo di essere, di raccontare una storia, di emozionare; si vede infatti (ed è un bene) la sua riconoscibile mano.
Il racconto si svolge su due piani storici diversi, lontani
nel tempo ma che si intersecano tra loro. La trama infatti si sposta avanti e
indietro tra la fine degli anni '80 e i giorni nostri. Nel 1989 Jake Davis
(Russell Crowe) è un noto scrittore (vincitore del premio Pulitzer) che,
rimasto vedovo, cerca di crescere la
figlioletta Katie (Kylie Rogers) nel miglior modo possibile, lottando contro un grave disturbo
psichiatrico che lo costringerà ad affidare temporaneamente la bambina alla zia
Elisabeth (Diane Kruger). 25 anni dopo, Katie Davis (nella versione adulta
interpretata da Amanda Seyfried) vive ancora a New York, è una splendida donna
che aiuta i bambini a risolvere i loro problemi, ma continua a combattere i
suoi demoni personali, dovuti alla sua infanzia tormentata: non riesce ad
impegnarsi in una storia d’amore preferendo semplici avventure, almeno finché
non incontra Cameron (Aaron Paul)…


Gabriele Muccino realizza un film che emoziona, toccando le
corde giuste per commuovere il pubblico con una storia credibile, intensa e
appassionante, che coinvolge e tiene incollati allo schermo per due ore; una
storia sulla vita, sull’amore, sul rapporto padre-figlia, sull’elaborazione del
lutto, sulla paura di amare e lasciarsi andare per timore di essere
abbandonati. Difficile trattenere le lacrime.
Padri e figlie,
nelle nostre sale dal 1° ottobre (a dicembre
uscirà negli Stati Uniti), ci ricorda che ciò che siamo dipende in gran parte
da quello che abbiamo vissuto nella nostra infanzia.