di Carlo Anderlini
Dopo i successi dello
scorso decennio relativi alla trilogia di Spider-man, lo studente timido e
complessato Peter Parker è stato riportato alle origini nel 2012 dando vita
alla nuova saga Marvel The Amazing
Spider-man. Rispettando rigidamente la periodicità biennale esce ora il secondo
sequel di questo reboot (il terzo ed il quarto sono previsti per il 2016 e
2018).
Ecco allora di
nuovo Peter Parker (come nel primo episodio, l’attore Andrew Garfield) il quale
vorrebbe penzolare allegro tra i grattacieli e dividere il suo tempo tra i suoi
affetti più cari: Gwen, la sua ragazza (una Emma Stone bionda, fresca e talentuosa)
e la zia-madre May (l’intramontabile Sally Field). Ma un grande pericolo
incombe su New York, quel terrificante Max Dillon-Electro (Jamie Foxx) che sta arrecando
distruzione: la città ha bisogno di essere difesa e solo Spiderman può farlo. E
il nostro Supereroe, pur con i suoi soliti superproblemi affettivi, economici e
di autostima, si infila nuovamente la tuta e riparte.

Per uno che dal
1961 (proprio così) ha ridicolizzato nemici del calibro dell’Uomo Sabbia,
l’Avvoltoio, Penguin, Killraven, Mysterio, Octopus e Lizard, il cattivo di
turno potrebbe essere solo uno stuzzichino. Ma non sarà così: il rancore blu di
Electro si unisce alla sua rabbia, la sua mente subisce un veloce sdoppiamento.
Difficile lottare contro una super-schizofrenia che, implementata da
superpoteri elettrici, conferisce una forza superdistruttiva che insidia presto
anche il rapporto tra Peter e la sua ragazza. E per di più, nel corso della
vicenda, Electro consegnerà la scena ad un avversario ancora più temibile,
l’insidioso, inquietante e carismatico Harry Osborn/Goblin (Dane DeHaan, un
bravo dagli occhi di felino), spietato traditore di quella ferrea amicizia che
un tempo lo legava a Peter. Ed infine c’è la OsCorp, la onnipotente azienda
tecnologica della città, che fa convergere tutte le storie del film in un
crogiolo di misteri e complotti oscuri. Ne risulta un’orgia
di scontri distruttivi, incidenti stradali, di battaglie aeree e urbane di ogni
tipo; tante vite salvate e molte perse; Spiderman è messo a dura prova, spesso
sta per soccombere, e l’abbraccio mortale del male supremo lo colpirà duramente.
Meno male che, tra uno scontro e l’altro, Peter trova il tempo per raggiungere
la sua Gwen.

Ed è proprio in queste
fasi, quando il bombardamento sonoro si attutisce (e lo spettatore respira),
che si apprezzano pregevoli momenti di complicità affettiva che di fatto vivono
al di là della fiction. Dai tempi della scuola, due piccole anime, Peter e
Gwen, trovano rifugio in loro stessi e in quei preziosi momenti scaricano le
loro angosce e ricaricano le loro energie. Deflagrazioni silenziose, ma avvertite
più di quelle assordanti. La sofferta relazione tra i due è straordinariamente
convincente. Qui nasce la verità, la verità alchimica dell’amore, e qui terminerà
la verità per dare spazio al destino, senza più effetti o trucchi che tengano. Marc Webb, il regista, ha conferito davvero magia alla fusione e al distacco tra il
tenero-gioioso Peter e la splendida-ardente Gwen. Qui sta, a
nostro parere, come fu in parte anche nel primo episodio del reboot, il core del film, il messaggio che ad esso
dà valenza.
Tutto il resto è
una alluvione di effetti speciali e di scene mirabolanti, girate con assoluta
maestria nella città di New York (Times Square ne viene esaltata). Il meccanismo narrativo è squisitamente cartoon. Tante acrobazie, tanta carne al
fuoco. Nel macroscopico diluvio di pregevole action cui lo spettatore è
sottoposto, nella saturazione di luci, suoni e colori, nelle eccezionali
performance tridimensionali si avverte la mancanza di una storia convincente in
quanto articolata e strutturata. Un eccessivo numero di microstorie non crea
necessariamente una storia, così come un grande collage di disegni non crea
necessariamente un bel quadro. Si è lontani, insomma, da quello sviluppo
narrativo che aveva connotato lo Spider-man
2 della famosa trilogia. In The
amazing spiderman 2 il castello di storie è poco coerente e la struttura
narrativa è affrettata, in quanto nei passaggi tra commedia, dramma e tragedia
è assente il mastice dell’elaborazione (non c’è, ad esempio, alcuna analisi
della sofferenza del tradimento dell’ antica amicizia tra Peter e Harry).
Inevitabilmente
il film talvolta deraglia nell’azione fine a se stessa, nella meccanicità e
ripetitività degli effetti, buttando nel calderone dei 140 minuti una enorme minestrone
di immagini a cui difetta però il sale della consistenza. E se alla fine ne
uscirà un Peter più maturo e consapevole, per assurdo il tutto si conclude con
una storia anche monca, preludio certamente della prossima lotta contro “i
Sinistri Sei”; sviluppi annunciati che, si spera, dovrebbero risultare, non
solo tecnicamente, ineccepibili.
Il film uscirà
nelle sale italiane il 23 aprile.