Probabilmente
non farà piacere ai molti sostenitori dell'eccentrico, depresso e schizofrenico
regista danese Lars Von Trier leggere queste righe, ma dopo aver concluso la
visione del secondo volume dell'ultima sua opera, Nymphomaniac, ciò che ne viene fuori, filtrato dagli occhi di chi
scrive, è un'incomprensibile accozzaglia di pensieri e riflessioni sulla vita
(sessuale? religiosa? amorosa?) di Joe, la protagonista ninfomane interpretata da Charlotte Gainsbourg, e
Seligman (Stellan Skarsgard), il vecchio e saggio ristoratore della donna che,
lo ricordiamo, ha trovato in mezzo ad un vicolo in preda al dolore sia fisico
che morale nel primo capitolo.
In
questo secondo volume assistiamo all'evoluzione, o peggioramento,
dell'ossessione di Joe nei confronti del sesso, e al tentativo da parte della
stessa di "guarire". Si sottopone a terapie di gruppo che però
abbandona dopo pochissime sedute giudicandole inutili e decide di passare a
qualcosa di più "forte": complice un cresciuto Billy Elliot, ovvero K
interpretato, appunto, da Jamie Bell, sperimenta la pratica masochistica. Ed
ecco la rivelazione: scoprendo che il dolore provocato dalle vergate è una sensazione
molto vicina a quella del piacere, passa in ultima battuta al "fai da
te", chiudendosi in casa e sigillando porte, finestre e qualsiasi oggetto
dalla forma vagamente "fallica" – rubinetteria compresa - con della
carta da imballaggio e del nastro isolante. Il resto lo potete facilmente
immaginare.
La storia, comunque, ci mostra anche altro: assistiamo al licenziamento di Joe (motivato con la sua
ninfomania, of course), alla nascita del figlio, alla fine del rapporto con
Jerome (Shia Leboeuf), alla sua assunzione in una poco ortodossa "società
di recupero crediti" alle dipendenze di L (Willem Dafoe) e
all'insegnamento della "professione" ad una ragazzina che si rivelerà
ben peggiore di lei. Il tutto condito da farneticazioni etico-filosofiche da
parte di Seligman, scene di sesso raccapriccianti miste a rappresentazioni di
redenzione mistico-religiosa, e dal mea culpa di Joe che non riesce a guarire
dalla sua "malattia".
Comprendiamo
benissimo che una non precisa quantità di spettatori eleverà questo prodotto a
"capolavoro assoluto della cinematografia mondiale", ma ci sentiamo
di discostarci da codesto pubblico. Il cinema di Von Trier è pesante, lento,
didascalico all'inverosimile e, il più delle volte, noioso. E così è anche Nymphomaniac. Bisogna comunque tenere sempre a mente che le
4 ore complessive, divise nei due volumi, in realtà sarebbero 5 e mezza, quindi
non sapremo mai come sarebbe stata la pellicola nella sua versione integrale a
meno che non venga commercializzata un'edizione "director's cut" in
dvd o bluray, ma al momento ringraziamo la distribuzione italiana per averci
evitato ulteriore e prolungata sofferenza.
Ci sentiamo di promuovere il finale,
un minuto a dir poco esilarante e completamente avulso dai 239 precedenti
(ovviamente non ci renderemo protagonisti di uno spoiler crudele, anche se la tentazione
c'è ed è pure grande), ma per il momento, nel caso non si fosse capito,
sconsigliamo la visione di questo discusso film cui è stata fatta fin troppa
pubblicità (in barba all'etichetta di "Regista di nicchia" che si
porta appresso da tutta la vita Von Trier).
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