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giovedì 23 marzo 2017

"Life: Non oltrepassare il limite" - ansia spaziale nel riuscito thriller/horror di Espinosa

di Emanuela Andreocci

Un viaggio verso i confini più profondi dello spazio, della sete di conoscenza e della vita nel suo senso più ampio: Life: Non Oltrepassare il limite, il nuovo film di Daniel Espinosa nei nostri cinema dal 23 marzo, è un crescendo di emozioni e paure, scandito dall’evoluzione di una nuova vita che da sorprendente si trasforma in terrificante.

L’equipaggio di una stazione spaziale internazionale, composto da Jake Gyllenhaal, Rebecca Ferguson, Ryan Reynolds, Hiroyuki Sanada, Ariyon Bakare e Olga Dihovichnaya, è in procinto di fare una delle scoperte più importanti della storia, raccogliendo la prima prova dell’esistenza della vita su Marte. Quello che però dovrebbe essere il loro grande giorno, si trasforma presto in un incubo claustrofobico nel quale sembra non esserci via di scampo: la creatura presa in esame, Calvin, cresce a vista d’occhio ed è molto più aggressiva di quanto potessero immaginare…

Un aggancio ben riuscito, il primo campione disponibile, la consapevolezza di star facendo qualcosa di unico e irripetibile sono le emozioni che contraddistinguono l’equipaggio nell’incipit del film: ognuno ha il suo ruolo ben definito, ognuno ha la sua parte, in questa storia e nella Storia nella sua accezione più ampia. Quando però l’idillio finisce, cominciano i problemi, che montano in un climax di ansia e paura giostrato magistralmente, a livello di scrittura e di trasposizione filmica. Non c’è un attimo di riposo, lo spettatore non ha scampo, si sente bloccato in una stazione spaziale ricostruita con estrema attenzione e dovizia di particolari, fluttua all’interno degli ambienti insieme all’equipaggio (merito anche di alcuni riusciti piani sequenza) e segue le vicende dal vivo, in prima linea. La tensione corre sul filo e cresce insieme a Calvin, che da piccolo e simpatico esserino primordiale diventa un alieno a tutti gli effetti. E la macchina da presa, un po’ per seguire i suoi movimenti, un po’ per orientarci/disorientarci, si sposta e gioca con i lati e le altezze: destra/sinistra, basso/alto. E gioca anche, ovviamente, con i grandi interrogativi: fin dove si può spingere l’uomo? Quanto è disposto a rischiare per la sua sete di conoscenza? Qual è il limite prima di farsi prendere dal delirio di onnipotenza?  

Gli interpreti di Life: non oltrepassare il limite sono tutti credibili nei propri ruoli. Ognuno, ovviamente, si trova nello spazio per un motivo, e nello spazio ha trovato in qualche modo la sua dimensione, soprattutto il personaggio di Gyllenhaal, che proprio non sopporta tutti quei miliardi di persone che popolano il mondo. E lo spettatore ringrazia che ci sia lo spazio che dà aria e respiro alla visione e regala sempre immagini altamente impattanti. Emozione a non finire, dunque, con scene che lasciano indubbiamente il segno, nel bene o nel male (allo spettatore l’ardua sentenza): se Calvin si impegna, è in grado di provocare una grande sofferenza, morale e fisica, e la regia non ce ne risparmia nessuna, anzi ci si sofferma e la esamina in tutte le sue forme, con fare cinico e feticistico.
Nonostante lo spettatore ipotizzi lo svolgersi della trama (tradizione vuole che gli eroi pensino alla loro sopravvivenza solo dopo aver garantito il bene dell’umanità intera), Life: non oltrepassare il limite è un thriller/horror adrenalinico, che tiene lo spettatore sul filo del rasoio fino alla fine.

A voi scoprire l’esito dell’esperimento portato avanti nella pellicola, a noi affermare che quello compiuto dal regista e da tutto il suo cast, tecnico e artistico, è perfettamente riuscito.  

PS. In questo caso non si consigliano popcorn, ma una bella tazza di camomilla a fine spettacolo.

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