di Emanuela Andreocci
Un viaggio verso i confini più profondi dello spazio, della
sete di conoscenza e della vita nel suo senso più ampio: Life: Non Oltrepassare il limite, il nuovo film di Daniel Espinosa
nei nostri cinema dal 23 marzo, è un crescendo di emozioni e paure, scandito
dall’evoluzione di una nuova vita che da sorprendente si trasforma in
terrificante.
L’equipaggio di una stazione spaziale internazionale,
composto da Jake Gyllenhaal, Rebecca Ferguson, Ryan Reynolds, Hiroyuki Sanada,
Ariyon Bakare e Olga Dihovichnaya, è in procinto di fare una delle scoperte più
importanti della storia, raccogliendo la prima prova dell’esistenza della vita
su Marte. Quello che però dovrebbe essere il loro grande giorno, si trasforma
presto in un incubo claustrofobico nel quale sembra non esserci via di scampo:
la creatura presa in esame, Calvin, cresce a vista d’occhio ed è molto più
aggressiva di quanto potessero immaginare…
Un aggancio ben riuscito, il primo campione disponibile, la
consapevolezza di star facendo qualcosa di unico e irripetibile sono le
emozioni che contraddistinguono l’equipaggio nell’incipit del film: ognuno ha
il suo ruolo ben definito, ognuno ha la sua parte, in questa storia e nella
Storia nella sua accezione più ampia. Quando però l’idillio finisce, cominciano
i problemi, che montano in un climax di ansia e paura giostrato magistralmente,
a livello di scrittura e di trasposizione filmica. Non c’è un attimo di riposo,
lo spettatore non ha scampo, si sente bloccato in una stazione spaziale ricostruita
con estrema attenzione e dovizia di particolari, fluttua all’interno degli
ambienti insieme all’equipaggio (merito anche di alcuni riusciti piani
sequenza) e segue le vicende dal vivo, in prima linea. La tensione corre sul
filo e cresce insieme a Calvin, che da piccolo e simpatico esserino primordiale
diventa un alieno a tutti gli effetti. E la macchina da presa, un po’ per seguire
i suoi movimenti, un po’ per orientarci/disorientarci, si sposta e gioca con i
lati e le altezze: destra/sinistra, basso/alto. E gioca anche, ovviamente, con
i grandi interrogativi: fin dove si può spingere l’uomo? Quanto è disposto a
rischiare per la sua sete di conoscenza? Qual è il limite prima di farsi
prendere dal delirio di onnipotenza?
Gli interpreti di Life:
non oltrepassare il limite sono tutti credibili nei propri ruoli. Ognuno,
ovviamente, si trova nello spazio per un motivo, e nello spazio ha trovato in
qualche modo la sua dimensione, soprattutto il personaggio di Gyllenhaal, che
proprio non sopporta tutti quei miliardi di persone che popolano il mondo. E lo
spettatore ringrazia che ci sia lo spazio che dà aria e respiro alla visione e
regala sempre immagini altamente impattanti. Emozione a non finire, dunque, con
scene che lasciano indubbiamente il segno, nel bene o nel male (allo spettatore
l’ardua sentenza): se Calvin si impegna, è in grado di provocare una grande
sofferenza, morale e fisica, e la regia non ce ne risparmia nessuna, anzi ci si
sofferma e la esamina in tutte le sue forme, con fare cinico e feticistico.
Nonostante lo spettatore ipotizzi lo svolgersi della trama (tradizione
vuole che gli eroi pensino alla loro sopravvivenza solo dopo aver garantito il
bene dell’umanità intera), Life: non
oltrepassare il limite è un thriller/horror adrenalinico, che tiene lo
spettatore sul filo del rasoio fino alla fine.
A voi scoprire l’esito dell’esperimento portato avanti nella
pellicola, a noi affermare che quello compiuto dal regista e da tutto il suo
cast, tecnico e artistico, è perfettamente riuscito.
PS. In questo caso non si consigliano popcorn, ma una bella tazza di camomilla a fine spettacolo.