di Silvia Sottile
A United Kingdom –
L’amore che ha cambiato la storia, diretto da Amma Asante, è tratto dall’omonimo romanzo di Susan
Williams (edito in Italia da Newton Compton), basato sulla storia vera di
Seretse Khama, erede al trono del protettorato britannico del Botswana,
nell’Africa meridionale.
Il protagonista (David Oyelowo) studia legge a Londra per prepararsi
a diventare Re del suo popolo e si innamora, ricambiato, della dattilografa
Ruth Williams (Rosamund Pike). I due decidono di sposarsi ma incontrano
innumerevoli difficoltà non solo da parte delle rispettive famiglie, ma anche
del Governo britannico a causa degli interessi economici che l’Inghilterra ha
in Sudafrica, paese in cui sta prendendo piede la drammatica politica dell’apartheid. Siamo infatti nel 1947: Ruth
è bianca, Seretse è nero. In un mondo in cui la segregazione razziale è al suo
apice, Seretse subisce episodi di razzismo in Inghilterra ma anche Ruth vive inizialmente
enormi difficoltà nell’essere accettata in Botswana. I due giovani lottano
instancabilmente per difendere il loro amore e superare i pregiudizi, passando
anche per l’esilio e l’abdicazione al trono, fino a cambiare la storia e a
trasformare il Botswana in una ricca Repubblica democratica in cui bianchi e
neri convivono pacificamente. Un esempio a cui negli anni ’60 guardò con
speranza anche Nelson Mandela.
La storia di A United
Kingdom – L’amore che ha cambiato la storia è dunque molto forte e porta
con sé un messaggio importante. Eppure la pellicola, purtroppo, ha il sapore di
un’occasione mancata. La realizzazione infatti non è all’altezza del contenuto.
La prima parte del film sembra una smielata storia d’amore e la seconda, molto
più politica, non riesce comunque ad essere incisiva come avrebbe dovuto.
L’impressione è che la regista abbia dato un’impostazione
troppo classica da intensa e struggente love story, mentre avrebbe dovuto dare maggior rilievo all’aspetto realmente più importante,
ovvero il messaggio politico contro la segregazione razziale.
Sicuramente quest’ultimo punto fondamentale emerge chiaramente dal racconto ma
appare tuttavia eccessivamente romanzato. Anche la recitazione soffre dello
stesso problema, rivelandosi troppo impostata e sdolcinata, anche se bisogna
ammettere che le interpretazioni dei protagonisti risultano fortemente
penalizzate da dialoghi melensi e soprattutto da un pessimo doppiaggio italiano
da soap opera. I comprimari (tra cui segnaliamo Jack Davenport e Tom Felton,
ovvero il Draco Malfoy della saga di Harry
Potter) si trovano addirittura costretti in ruoli stereotipati.
Buono il lavoro del comparto tecnico, in particolare vanno
elogiati i costumi del premio Oscar Jenny Beavan (Camera con vista, Mad Max: Fury Road) e la fotografia di Sam
McCurdy (Il Trono di Spade) che dà il suo meglio nel rendere gli splendidi
paesaggi africani, caldi e assolati, evidenziandone la netta differenza
rispetto all’ambientazione londinese dai toni e colori freddi. Le musiche
invece non lasciano il segno.
A United Kingdom –
L’amore che ha cambiato la storia, al cinema dal 2 febbraio, nonostante il
tema affrontato, ha perso l’occasione di fare qualcosa di realmente memorabile.
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