di Silvia Sottile
Dopo il grande ed inaspettato successo di pubblico e critica
ottenuto con Smetto quando voglio (2014),
suo film d’esordio, il regista Sydney Sibilia tenta un esperimento mai visto in Italia:
girare due sequel in contemporanea per dare vita ad una trilogia
cinematografica sulla scia dei film americani degli anni ’80, da cui, tra
l’altro, trae grande ispirazione.
La banda dei ricercatori è dunque tornata. I nostri geniali
laureati, che in mancanza di altre opportunità avevano creato una nuova droga
divenendo spacciatori, in Smetto quando
voglio – Masterclass lavorano dalla
parte della giustizia. Avevamo lasciato Pietro Zinni (Edoardo Leo) in carcere
dopo un patteggiamento. Qui viene contattato dall’ispettore Paola Coletti (Greta
Scarano) che gli propone – in cambio
della fedina penale pulita – di rimettere in piedi la banda per contrastare la
crescita esponenziale delle smart drugs. Per un compito del genere servono
nuove leve e così al neurobiologo (Leo), al chimico (Stefano Fresi), ai
latinisti (Valerio Aprea e Lorenzo Lavia), all’archeologo (Paolo Calabresi),
all’economista (Libero De Rienzo) e all’antropologo (Pietro Sermonti), si
aggiungono l’avvocato esperto in diritto canonico (Rosario Lisma) e due
“cervelli in fuga”: l’anatomista (Marco Bonini) e l’ingegnere meccatronico
(Giampaolo Morelli). Nel cast anche Valeria Solarino e Luigi Lo Cascio.
Pur venendo fisiologicamente meno l’originalità del primo
film (del resto ormai sappiamo di cosa si tratta), Smetto quando voglio – Masterclass
è un sequel che ha ancora molto da dire e lo fa reinventandosi grazie ad una inedita commistione di generi:
da una parte la classica commedia all’italiana che prende spunto da una
situazione di disagio sociale per poi far ridere in maniera tragicomica,
dall’altra l’action movie americano degli anni ’70, ’80 e ’90 (con una
predilezione per i poliziotteschi). L’abilità di Sibilia sta proprio nel
trovare il giusto mix che rende la pellicola un divertentissimo susseguirsi di
scene destinate a diventare cult: dalla corsa per Roma con i sidecar nazisti
(ogni riferimento a Indiana Jones non
è assolutamente casuale) all’assalto al treno (omaggio a Ritorno al futuro – Parte III) che ha visto coinvolti numerosi
stuntman a dimostrazione dell’enorme sforzo produttivo fatto. Parecchie anche
le aperte citazioni ad altre riconoscibili pellicole rimaste nel nostro
immaginario, tra cui i film della saga di James Bond. Il tutto risulta
armoniosamente amalgamato, mantenendo sempre un registro ironico grazie ad una
scrittura attenta e precisa e ad un montaggio innovativo. E alla fine viene
naturale provare empatia per i protagonisti, degli intellettuali che non riescono
a spendere il loro sapere e si sono reiventati. L’importante è tener presente
che siamo sempre in un ambito decisamente surreale, cosa che viene messa in chiaro fin
dall’inizio.
Il cast è eccellente, anche se per forza di cose,
trattandosi di un film corale, qualche personaggio risulta un po’ sacrificato; dal
punto di vista tecnico segnaliamo la fotografia vivida, quasi psichedelica, dai
colori sgargianti e la colonna sonora adrenalinica, che dà la carica, realizzata
da Michele Braga, reduce dal grande successo di Lo chiamavano Jeeg Robot che gli è valso il David di Donatello.
Smetto quando voglio –
Masterclass, nelle nostre sale dal 2 febbraio, è una fresca e frizzante
commedia d’azione. Questo secondo capitolo della saga si rivela esilarante
almeno quanto il primo e lascia nello spettatore una voglia incredibile di
vedere il terzo e ultimo (attualmente in post-produzione) che si intitolerà Smetto
quando voglio – Ad Honorem.
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