di Silvia Sottile

Glass (Leonardo Di Caprio), durante una spedizione in cerca
di pelli nell’entroterra americano ancora inesplorato (siamo nel 1823) viene
aggredito da un orso grizzly e ferito mortalmente. I compagni di caccia,
temendo di venire nuovamente attaccati dagli indiani, lo lasciano al suo
destino, convinti che non vi sia più nulla da fare. Il Capitano Andrew Henry
(Domhnall Gleeson) lo affida a due uomini affinché gli diano degna sepoltura, ma l’avido John Fitzgerald (Tom Hardy) lo tradisce nel peggiore dei modi immaginabili e lo abbandona . Nonostante le ferite mortali, Glass troverà la forza di sopravvivere,
lottare contro le avversità di quella gelata e terrificante natura selvaggia,
percorrendo chilometri su chilometri tra ghiacci, fiumi, nemici, animali,
sangue e morte, spinto dalla sua incrollabile forza di volontà per ottenere la
sua vendetta.
La trama, scarna ed essenziale, è quella di un western sullo
sfondo di una meravigliosa natura incontaminata. È senza dubbio l’aspetto
visivo l’elemento principale della pellicola, quello che lascia estasiati e a
bocca aperta e che ne fa un’opera indimenticabile che entra nell’anima
attraverso gli occhi. Non soltanto per i
paesaggi reali che tolgono il fiato (Iñárritu ha girato in Canada e in
Argentina, nella Terra del Fuoco, creando non poche difficoltà a causa delle
rigide temperature a cast e staff, tra distese di neve, fiumi gelati e alberi
che si stagliano alti verso il cielo) ma anche per l’uso delle sole luci
naturali (preferibilmente all’alba o al tramonto), scelta rischiosa ma dai risultati strabilianti
grazie all’incredibile lavoro di Emmanuel
Lubezki, il direttore della fotografia che potrebbe (meritatamente) vincere il
terzo Oscar consecutivo dopo Gravity
di Cuarón e il già citato Birdman.
I panorami, i colori, la luminosità, le prospettive, riescono a trasmettere
forti emozioni oltre ad ammaliare lo spettatore, il tutto diretto in maniera
magistrale da Iñárritu che con la sua abilità tecnica e l’uso stupefacente del
piano sequenza si lascia andare ad impeccabili virtuosismi di grande
effetto. Non mancano naturalmente le immagini molto crude, forti, violente e
drammaticamente realistiche, come ad esempio la feroce lotta tra Glass e
l’orso, che incredibilmente è l’unica scena girata con la CGI.
Alla rudezza del
western si aggiungono alcune immagini oniriche che ci mostrano anche l’anima
del protagonista, oltre al suo corpo dilaniato dal dolore e dalle ferite. L’unica
pecca forse solo l’eccessiva lunghezza
(156 minuti conditi da pochissimi dialoghi) ma l’impatto visivo ed emotivo è
talmente forte che non c’è spazio per la noia.

Anche la colonna sonora (un mix di musiche a tratti intense,
a tratti delicate, elementi in stile western ma anche silenzi in cui si sentono
solo i rumori della natura) riveste un ruolo importante e si rivela sempre
funzionale a veicolare le emozioni.
Revenant – Redivivo,
nelle nostre sale dal 16 gennaio, candidato a ben 12 premi Oscar, è un film
intenso, epico, immenso dal punto di vista tecnico, visivo e recitativo. Nonostante
una trama essenziale riesce a veicolare forti emozioni che colpiscono
profondamente l’anima dello spettatore. Un capolavoro.
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