di Silvia Sottile
Joy si ispira alla
vita di Joy Mangano, la donna americana che inventò il Miracle Mop (una sorta
di mocio) fino alla costruzione di un impero imprenditoriale che sopravvive da decenni.
Il regista David O. Russell, facendo suo il motto “squadra che vince non si
cambia”, ricompone per la terza volta il cast di successo de Il Lato postivo – Silver Linings Playbook e
American Hustle – L’apparenza inganna:
Jennifer Lawrence, Bradley Cooper e Robert De Niro.
Joy (Jennifer Lawrence) ha mostrato fin da bambina
intelligenza, inventiva ed immaginazione ma ha dovuto ben presto mettere da
parte i sogni per occuparsi della sua problematica famiglia: l’anziana nonna (che
poi è colei che racconta la storia), la madre (soap opera dipendente), la
sorellastra che le mette i bastoni tra le ruote, i figli, l’ex-marito
nullafacente che vive ancora sotto lo stesso tetto (Édgar Ramírez) e il padre irresponsabile
(Robert De Niro) con la nuova compagna (Isabella Rossellini). Nel momento di
maggiore disperazione, quando tutto sembra crollarle addosso, la donna trova la
forza di reagire: inventa, realizza e successivamente pubblicizza in tv un
mocio miracoloso che le apre (dopo altre peripezie) le porte del successo, aiutata
da un produttore televisivo (Bradley Cooper).
Nonostante il banale e forzato espediente di far raccontare
le vicende con una voce fuori campo quasi come si trattasse di una favola vera
e propria, il film parte bene, con un buon ritmo: i personaggi grotteschi, in
aggiunta alle scene della soap opera in tv, danno quel tocco di humour che non
guasta. Ma qualcosa si perde per strada, manca continuità, e gli stessi aspetti
che inizialmente sembravano interessanti danneggiano il risultato finale quando
vengono esasperati. Il messaggio principale, ovvero la determinazione di una
donna che deve lottare contro tutto e tutti per ottenere ciò che le spetta, è
indubbiamente molto positivo e ci dipinge un’eroina dei nostri giorni che ce la
fa solo grazie alle sue forze, al suo coraggio e alla sua caparbietà. Però la
sceneggiatura contorta (quando invece la storia si sarebbe potuta sviluppare in
modo molto lineare), alcuni stacchi incomprensibili nel montaggio, la mancanza
di suspense in momenti cruciali in opposizione ad eccessiva enfasi in quelli trascurabili stonano parecchio, dando sempre l’impressione che manchi qualcosa.

Dal punto di vista tecnico vanno comunque segnalati l’ottima
scenografia e il meraviglioso piano sequenza nella scena in cui Joy sale per la
prima volta sul palcoscenico di una televendita.
Senza dubbio Joy è
in tutto e per tutto un tipico film di David O. Russell, caratterizzato da
personaggi grotteschi, uno strano connubio tra dramma e commedia immancabilmente
ambientato in una famiglia americana abbastanza disagiata e a suo modo rappresentativa
di tante altre.
Dal 28 gennaio al cinema.
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