di Emanuela Andreocci
Esce oggi nelle sale italiane Maleficent, l'atteso film della Disney per la regia di Robert Stromberg che vede come protagonista una zigomatissima e ipnotica Angelina Jolie nei panni dell'omonima strega della favola de La bella addormentata nel bosco. Il film, fin dalla voce over/off iniziale che ci introduce alle prime immagini, si fa carico dell'ardito compito di raccontarci la vera storia di Malefica, una fata (perchè di una fata si tratta, nonostante le grosse ali scure e le corna facciano pensare ad altro) diventata cattiva per vendetta ma dall'animo disposto comunque all'accoglienza e all'amore.
La Brughiera, il meraviglioso regno in cui la protagonista vive, merita di essere visto al cinema e assaporato in 3D, regala creature fantastiche e sensazioni quasi sinestesiche, ma qui ci fermiamo: tanta estetica e poca sostanza. Il contesto e la bellezza ammaliante della Jolie non possono reggere l'intera durata del film: lo spettatore aspetta che succeda qualcosa, ma questo non avviene.
Aurora, la bella principessa addormentata interpretata da una Elle Fanning curiosa e sognante, è sveglia per la maggior parte del film e distribuisce sorrisi e ingenuità a iosa; e tre colorate fatine, che non si chiamano Fauna, Flora e Serenella ma Fiorina, Giuggiola e Verdelia, sono caratterizzate molto nell'estetica ma poco nel rapporto con la loro protetta; Filippo, il principe azzurro, compare alla fine ma è come se non fosse pervenuto.
Tutto si incentra quindi su Malefica, che svetta imperiosa come una leggera ma possente Nike di Samotracia, sul suo conflitto interiore e sul suo rapporto con Aurora che si trasforma gradualmente: l'odio iniziale per la bestiolina appena nata, grazie ad un rapporto a distanza durante la sua crescita e ad una progressiva conoscenza in età adolescenziale, diventa amore nel giorno del suo sedicesimo compleanno.
Aurora, la bella principessa addormentata interpretata da una Elle Fanning curiosa e sognante, è sveglia per la maggior parte del film e distribuisce sorrisi e ingenuità a iosa; e tre colorate fatine, che non si chiamano Fauna, Flora e Serenella ma Fiorina, Giuggiola e Verdelia, sono caratterizzate molto nell'estetica ma poco nel rapporto con la loro protetta; Filippo, il principe azzurro, compare alla fine ma è come se non fosse pervenuto.
Tutto si incentra quindi su Malefica, che svetta imperiosa come una leggera ma possente Nike di Samotracia, sul suo conflitto interiore e sul suo rapporto con Aurora che si trasforma gradualmente: l'odio iniziale per la bestiolina appena nata, grazie ad un rapporto a distanza durante la sua crescita e ad una progressiva conoscenza in età adolescenziale, diventa amore nel giorno del suo sedicesimo compleanno.
L'occhio, che vuole la sua parte, viene certamente accontentato dalla visione del film, ma la parte razionale che alberga in ogni spettatore non ne uscirà soddisfatta a causa di tempi gestiti negativamente, di pochi avvenimenti di rilievo e di una trama che poteva esaurirsi tranquillamente in un cortometraggio. Si potrà certamente obiettare che serviva del tempo per entrare in contatto con Malefica, per capire il suo stato d'animo e per motivare la sua evoluzione in "fata madrina", argomentazione certamente valida ma discutibile nella sua realizzazione.
Da notare inoltre (a chi legge stabilire se questo sia un bene o un male) che la pellicola (o almeno tutta la parte iniziale) non è adatta ad un pubblico di bambini in quanto mostra una cattiveria tangibile e inquietante che cresce e si propaga insieme all'oscurità che si espande sul meraviglioso regno magico.
Le atmosfere tipicamente noir ed i personaggi dark e outsider ricordano molto l'universo Burtoniano, evocano temi cari al regista di Burbank ma senza centrare appieno il bersaglio.
L'happy ending finale non riesce a togliere la sensazione di un'occasione sprecata: il vero amore certamente esiste, ma non scocca con questo film.
Le atmosfere tipicamente noir ed i personaggi dark e outsider ricordano molto l'universo Burtoniano, evocano temi cari al regista di Burbank ma senza centrare appieno il bersaglio.
L'happy ending finale non riesce a togliere la sensazione di un'occasione sprecata: il vero amore certamente esiste, ma non scocca con questo film.