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sabato 27 dicembre 2014

"Gone Girl - L'amore bugiardo": chi sono i coniugi Dunne?

di Emanuela Andreocci

Avevamo grandi, grandissime aspettative per Gone Girl, il nuovo film di David Fincher tratto dall'omonimo bestseller di Gillian Flynn in arrivo nelle nostre sale il 18 dicembre, e ci dispiace veramente troppo non lodare come speravamo l'ultima opera del regista di Seven, ma dobbiamo pagare lo scotto e fare i conti con quanto visto, oltre che con quanto letto al riguardo. 
Intendiamoci: il film di Fincher è tecnicamente perfetto, le linee narrative, anzi, la linea narrativa, è portata avanti con estrema intelligenza e originalità, e la storia intriga fin da subito: cosa sarà successo il 5 luglio, QUEL mattino? 

Rosamund Pike è perfetta nel ruolo di Amy, moglie adorabile e incompresa ma prima ancora mitica protagonista di racconti per bambini nata dalla penna dei suoi genitori; Ben Affleck, invece, veste con mestizia i panni del poco raccomandabile marito Nick Dunne, fedifrago e violento. Inizialmente tra i due il rapporto è idilliaco, poi, però, con il trasferimento nel Missouri, cominciano i problemi finanziari e di rapporto, tutti rigorosamente annotati nel diario della giovane e tormentata donna che, improvvisamente, sparisce. La scena del crimine parla chiaro: omicidio. Ma il corpo non si trova. Si trovano, invece, tanti indizi che, come in una macabra e perversa caccia al tesoro, si incastrano perfettamente tra di loro e, a loro volta, incastrano Nick, che continua a professarsi innocente. I giorni passano ed il caso guadagna sempre più l'attenzione di popolazione e media: Nick è il marito ingrato che ha brutalmente assassinato la moglie il giorno del loro quinto anniversario di matrimonio e che sorride alle telecamere, Amy è la vittima sacrificale pura e innocente, che la morte ha reso perfetta e irraggiungibile proprio come il suo alterego dei romanzi.

Quello che del film cattura fin da subito è l'indecifrabilità dei caratteri, l'imperscrutabilità della psiche dei due protagonisti: quel che vediamo è realmente accaduto? Il caso sembra chiaro, ma per forza di cose, lo spettatore sa che non può essere tutto come sembra. Stabilito che c'è altro oltre le apparenze, la difficoltà sta dunque nel capire esattamente cosa. Fincher, in questo, è assolutamente abilissimo: scandisce con estrema sapienza tempi, avvenimenti e punti di vista.

Perchè, quindi, non gridare al capolavoro? Perchè - ed ecco che subentra la soggettività di chi scrive e, probabilmente, anche i suoi limiti - la conclusione non è all'altezza del film, narrativamente parlando: messa in scena nell'unico modo possibile, ma non esaustiva. Senza spoilerare, ovviamente, possiamo dire con grande onestà che il finale svilisce tutto il percorso e la fatica fatti per arrivarci. Il problema e il relativo fastidio provato non sono di ordine morale, come molti potrebbero pensare, ma di credibilità. Un finale può compromettere tutto un film? A nostro avviso, purtroppo, sì.  


2 commenti:

  1. Non sono d'accordo sul finale che compromette il film: secondo me, alla pari dei "caratteri" dei personaggi, il finale ha un'aura di "idecifrabilità" che mette il panico addosso allo spettatore. Perchè, finito il film, ti si apre una serie di proseguimenti della vicenda più che plausibili... Secondo me è un film da 9/10...

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  2. Anche il finale de "Lo sciacallo" è aperto e ancora più negativo di questo, eppure era l'unico modo coerente per terminare il film e lasciare il personaggio di Gyllenhaal libero e impunito. Qui no: tanta fatica per far chiarezza, tanta difficoltà per arrivare a capire qualcosa... e l'apertura alle infinite possibilità di una nuova vita? Per me è proprio no, e mi dispiace...

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