di Carlo Anderlini
Il
regista francese Cédric Klapisch ha creato nel 2002 il personaggio di Xavier
Russeau, si è affezionato ad esso e da allora non l’ha più mollato. Nel primo
film della trilogia, L’appartamento spagnolo, Xavier, fidanzato con Martine,
vive a Barcellona partecipando ad un programma Erasmus che gli potrebbe dare
l’accesso ad un comodo lavoro statale. Insieme agli altri coinquilini, affronta
varie esperienze, ma invece realizza il suo sogno di diventare scrittore,
seppur di romanzi di basso livello. Nel secondo film
del 2005, Bambole russe, lui e Martine si sono lasciati, Xavier intraprende
anche l’attività di ghostwriter e incontra a San Pietroburgo una sua vecchia
amica, Wendy, con la quale, dopo altalenanti e tormentate vicende, si sposa e
fa figli.
Ed ecco ora riapparire Xavier, oramai sfigato
quarantenne, in Rompicapo a New York, che è anche il titolo del romanzo serio
che sta scrivendo. Lui ora vive a Parigi, ma il lavoro non procede come
vorrebbe e il rapporto con Wendy si è oramai logorato perché “…l’amore non è
una cosa logica”. Lei si trasferisce a New York per vivere accanto al suo nuovo
compagno e anche Xavier, per non perdere il contatto con i due bambini, si
costringe a seguirla. Tra le tentacolari e multietniche braccia di Chinatown,
straniero tra gli stranieri, egli diviene parte di quel folle crogiolo di
umanità problematica che convive con il borderline, con l’instabilità
dell’umore e delle relazioni interpersonali; dove lo smantellamento della
famiglia tradizionale è work in progress e dove il grande cantiere delle
avversità è aperto H24.
Per sua fortuna, Xavier non è solo in questa guerra
metropolitana. Rimasto fedele ad alcune amicizie catalane, viene assistito dalla
vecchia amica Isabelle, nel frattempo scopertasi lesbica. Klapisch dà il meglio
di sé nello scolpire il loro profondo legame di amicizia: complicità,
comprensione, contrasto. Lui dona a Isabelle il seme per consentirle di fare
famiglia con la sua fidanzata di origini cinesi. Mentre Xavier lotta alla
ricerca di un job under the table, arriva il momento stritolante del divorzio,
la difficile gestione degli incontri con i figli, i contrasti con l’Ufficio
Immigrazione che non crede al suo nuovo matrimonio bianco organizzato per
fargli ottenere la cittadinanza americana. In parallelo procede speditamente il
suo romanzo, quello sempre sognato. E arriverà come sua ospite anche Martine,
il suo primo amore, anch’essa madre stordita dalle legnate di un finito legame
ma oramai abile donna d’affari. Xavier è frastornato, mangia polvere, vede
instabilità in tutto, diffida dell’ amore. Ma intanto dipinge le pareti con i
figli, si riappropria delle radici familiari pur disfacendosi del padre, si
libera, e vuole avere anch’egli diritto al cielo. Quando tutto sembra perduto,
Xavier diventa il guerriero che era in lui, trova l’illuminazione, scopre che
l‘agognato punto B è a portata di mano: happy end, fine del suo viaggio e del
suo romanzo, perchè “…quando torna la felicità, non c’è più niente da
raccontare”.
La saga, la trilogia dell’ appartamento, è ora
sicuramente finita. L’eterno loser ha attraversato sulla barca del dubbio e del
coraggio l’insidioso oceano dell’ Amore, nel mezzo della tempesta perfetta ha
fatto la sua scelta e come d’incanto è arrivata la agognata bonaccia. Come i
grattacieli di Ground Zero che riemergono dalle ceneri, Cédric Klapisch ha
incastrato alla perfezione l’ ultimo pezzo del suo puzzle rimettendo in piedi
il suo spento eroe.
Il regista sembra indicare a sé stesso e ai suoi
fedeli followers la giusta ricetta: il passato è fortemente radicato in
ciascuno di noi, è come una medicina che dobbiamo assorbire. Il mantra della
voce fuori campo del protagonista scorre su precisi passaggi emozionali che
servono da puntelli necessari per sorreggere le architravi della crescita.
Flashback usati come puntine di un foglio bianco appeso sul muro dell’
esistenza. Si riparte sempre da dove si è iniziato, da dove si è fallito, e i
fallimenti passati non sono incidenti sgradevoli, ma pietre miliari del
divenire. Le donne dell’ universo globalizzato di Klapisch sono figure
tormentate ma comunque trainanti, fuoriuscite con coraggio e passione da
intricati grovigli di rovi esistenziali, ora mogli deluse, ora amiche preziose,
ora amanti accudenti, ma sono comunque loro che conducono la giostra caotica
che ruota attorno ad ogni fattispecie di “famiglia”. Kelly Reilly (Wendy, la
moglie), Audrey Tautou (Martine, il
primo amore) e Cécile de France (Isabelle, l’amica) traghetteranno Romain Duris
(Xavier) dalla buia sponda dell’ignavia all’ approdo luminoso della
consapevolezza. La famiglia, ecco il vero approdo, comunque essa sia e comunque
articolata. L’unione, soprattutto: quell’unione che fa complicità e che edifica
positività, quell’amore senza pregiudizi che umanizza e affranca i malcapitati
delle grandi metropoli rendendoli protagonisti dei propri destini.
Lo svolgimento della vicenda procede equilibrato, in
un fluido crescendo di delicata genialità. Il regista cura i particolari, si
sofferma sugli sguardi insistenti dei figli dei separati, dà anima alle
pornostar delle riviste hot, utilizza Shopenahuer e Hegel come consiglieri,
rende esilarante una asettica riunione di lavoro con i cinesi. Siamo un po’
nella New York di Woody Allen. Questa fresca e non banale commedia termina
sulla Main Street con una disneyana passeggiata collettiva, che trasmette un
messaggio di assoluzione piena per tutti, perché (in amore e nei rapporti di
coppia) il fatto non sussiste.
Nei cinema dal 12 giugno.
L'ho trovato molto simpatico...certo non un cult come L'appartamento spagnolo, ma godibile!
RispondiEliminaEcco cosa ne penso:
http://myindiepoptaste.blogspot.it/2014/06/rompicapo-new-york-cedric-klapisch.html