di Emanuela Andreocci

Basato sulla storia vera di Jordan Belfort, il film racconta la velocissima ascesa di un nuovo, promettente broker, il suo perdurare sulla cresta dell'onda ed infine il declino della sua carriera, il tutto senza mai entrare effettivamente dentro Wall Street (a differenza, per esempio, del film di Oliver Stone e del suo citato Gordon Gekko), ma minacciandola dal piccolo magazzino da cui parte tutto.
Jordan Belfort è un istrione, un portentoso imbonitore capace di vendere la qualunque col suo sorriso smagliante e la voce rassicurante, e deve tutto sì al suo innato talento per la frode, ma anche al fulmineo ma indimenticabile insegnamento del suo primo datore di lavoro cui Matthew Matthew McCounaghey dà vita in uno strepitoso cameo. Non sono, in fondo, molte le cose che serve ricordarsi: è chi vende che deve arricchirsi (non importa cosa succede ai compratori), il tempo è denaro e non si possono sostenere certi ritmi senza droghe e sesso (consigliatissimo, a tal proposito, l'autoerotismo). Il personaggio di Di Caprio, inizialmente tra il turbato ed il divertito di fronte a tali rivelazioni, in men che non si dica le fa sue e, perso il primo lavoro, si rimbocca le maniche e ricomincia a vendere: parte dal nulla per arrivare ad avere più di tutto.
Le sue telefonate sono vere e proprie performance e lezioni magistrali, le conversazioni (comprese quelle con il socio interpretato da Jonah Hill, candidato all'Oscar come miglior attore non protagonista) completamente surreali, lo stile di vita indescrivibile. Non si cerca un approfondimento psicologico, non si delinea un'evoluzione (o involuzione) dei rapporti tale da far entrare lo spettatore in empatia col protagonista ma semplicemente lo si esibisce: Scorsese passa dalla fascinazione della magia del cinema mostrata in Hugo Cabret alla fascinazione del potere e delle sue conseguenze. Non racconta, dunque, ma mostra, mette in vetrina tutto quello di cui un personaggio magnetico come Belfort è capace, senza mezzi termini o mezze misure. Tutto è eccessivo: l'enfasi nel lavoro (sua, dei soci e dei sottoposti), le feste, l'uso di droghe ed il sesso, spesso, ovviamente, combinati tra loro senza risparmiare nulla all'immaginazione.

Un'unica pecca, purtroppo non trascurabile, il film però la presenta: nonostante la bravura dei protagonisti e le ottime scelte registiche, tre ore sono decisamente troppe e tutto lo smalto ed il mordente mantenuto nelle prime due alla lunga, inevitabilmente, si perde, trascinando lo spettatore difronte a diversi ipotetici finali senza apparentemente giungere mai a quello risolutivo.
Splendido! Il migliore del XXI secolo scorsesiano assieme a "The Departed". Qui la mia recensione del film! http://www.ilmengoli.it/the-wolf-of-wall-street-2014
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