di Silvia Sottile

Franco Lucci (Gianmarco Tognazzi) è un imprenditore
sull’orlo della bancarotta. Per salvare la sua società dal fallimento deve a
tutti costi ottenere un appalto. Invita così a cena il Ministro Rolando Giardi
(Fortunato Cerlino), organizzando insieme al cognato Michele (Edoardo Pesce) quella
che sembra la serata perfetta per corromperlo: vini e piatti prelibati, una
cospicua tangente e una ragazza disposta ad andare a letto con lui. Il tutto
sotto gli occhi di Rita (Alessia Barela), la frustrata (e vegetariana) moglie
di Franco, e della domestica Esmeralda (Ira Fronten). Ma se la presunta escort
di lusso è una cinese che studia teologia? A causa della ragazza, Zhen (Jun
Ichikawa), le cose prendono infatti una piega molto diversa (e ben più
drammatica) del previsto.
I toni sono quelli della commedia grottesca ma ne esce fuori
un ritratto amaro dell’Italia. Non emerge solo la corruzione dilagante nel
mondo della politica e dell’imprenditoria ma anche (se non soprattutto)
quell’atteggiamento tipico di asservimento al potere insito nella nostra natura
che traspare dalla bassezza dell’animo umano di tutti i personaggi (maschili e femminili)
che popolano il film.
La messa in scena è decisamente di stampo più televisivo che
cinematografico, e le musiche anni ’70 di Eugenio Vicedomini sono belle ma
troppo martellanti e onnipresenti. Anche i personaggi risultano a tratti
stereotipati ma riescono comunque ad emergere e a lasciare il segno grazie alle
ottime interpretazioni di tutti i protagonisti, decisamente in parte. Le
commedie nere, specie con una grossa componente grottesca, bisogna saperle fare:
Il Ministro può vantare una
scrittura, una regia e soprattutto un cast all’altezza. Quello che manca è
dovuto principalmente ai pochi mezzi a disposizione per questo lavoro e
purtroppo si vede. Pecca infatti nelle rifiniture e si perde in alcuni dettagli,
che con più tempo a disposizione probabilmente sarebbero stati smussati. A non
convincere fino in fondo è il finale, che lascia comunque l’amaro in bocca.
Il regista ci ha rivelato in sede di conferenza stampa di
essersi ispirato alla ballata di Fabrizio De Andrè, Il re fa rullare i tamburi, ma anche a I Mostri di Dino Risi, in particolare il primo episodio, L’educazione sentimentale con Ugo Tognazzi, padre di Gianmarco. Le ambizioni
elevate sono in parte giustificate dal risultato: nonostante i difetti e i
dubbi espressi, a cui aggiungiamo l’eccessivo maschilismo, Il Ministro si rivela infatti un film decisamente migliore di
quanto il trailer facesse presagire. Considerato poi quanto è difficile
realizzare un film indipendente in Italia, possiamo apprezzare lo sforzo
realizzativo e produttivo di Amato e il coraggio di Europictures che ha creduto
nel progetto.
Il Ministro, in
sala dal 5 maggio (in sole 20 copie ma ben piazzate nei maggiori circuiti
cinematografici, ovvero UCI Cinemas e The Space Cinema) presenta, con i toni
della commedia grottesca, una critica sociale tanto forte quanto, purtroppo,
assolutamente reale.
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